Diritti In Genere

20/02/2017 Il Gender Gap retributivo e l'industria 4.0
Constatiamo una interconnessione sociale in rapida evoluzione e in tale contesto il divario di genere può verificarsi all’interno di quattro macroaree: salute, educazione, economia e politica, a causa della combinazione di molti fattori. Uno dei vari aspetti è il gender gap retributivo nel lavoro, cioè "la differenza di remunerazione tra donne e uomini calcolata sulla base del differenziale medio nel salario orario lordo di lavoratrici e lavoratori", che a livello mondiale è in media di circa il 18%. Vari sono i fattori che determino il divario nei vari Paesi in relazione anche a diversi contesti lavorativi. Vogliamo in questo articolo porre l'attenzione sulla disparità nel lavoro digitale. L’ultimo report Gender Gap 2016 del World Economic Forum, nel raccomandare la riduzione delle disuguaglianze di genere , segnala l’imminente pericolo di un aumento esponenziale del divario retributivo tra uomini e donne nel contesto della quarta rivoluzione industriale, la cosiddetta industria 4.0. La ricerca del WEF ha monitorato i progressi di ben 144 Paesi nel mondo e il risultato evidenzia ancora le differenze negli Stati occidentali più evoluti (Europa), che negli ultimi anni hanno subito un rallentamento nel progresso verso la parità di genere . In Giappone, Francia e Svizzera la differenza salariale di genere è ancora molto alta; mentre in Olanda, Nord Europa e Stati Uniti è stata raggiunta la maggiore eguaglianza nel posto di lavoro favorendo la cultura digitale. Le tecnologie digitali creano agevolazioni al lavoro, in particolare la flessibilità che permette di gestire la work life balance e supportare la carriera femminile; per questo le donne lavoratrici troverebbero i maggiori vantaggi nel settore. E’ necessario che i Governi e le Imprese in collaborazione tra loro forniscano alle donne, giovani e non, le migliori competenze digitali , al fine di accelerare il raggiungimento dell’uguaglianza di genere che ancora non ha risolto i problemi del gap retributivo. L’Italia risulta diciannovesima nella scala mondiale delle competenze digitali, dietro gli Emirati Arabi, la Corea e il Brasile; da una statistica in Italia risulta che il 90% degli uomini si affida alla tecnologia contro l’83% delle donne. Gli intervistati, sia uomini che donne sono concordi nell’affermare che le tecnologie digitali non solo permettono di lavorare da casa agevolando un maggiore equilibrio tra vita privata e vita lavorativa, ma incrementano anche la possibilità di trovare un impiego. Ancor oggi, il talento femminile nell’economia rimane, tra le risorse aziendali, quella maggiormente sottoutilizzata sia per l’ insufficiente considerazione sia per la modesta progressione formativa . L'evoluzione dei media, con la conseguente rivoluzione nelle forme di comunicazione e di socializzazione degli individui, ha ampliato il divario in termini di opportunità tra coloro che hanno la possibilità di accesso alla rete e coloro che non l’hanno. Tra gli uomini e le donne queste ultime sono i soggetti maggiormente “discriminati”, questo è il Gender Digital Divide. Il rapporto delle donne con i mezzi di comunicazione rappresenta uno strumento di socializzazione e di maturazione della identità. Anche se le competenze (skills) femminili sono in aumento, negli apparati produttivi del settore tecnologico la presenza femminile è ancora marginale. Sempre maggiori giovani donne mostrano interesse per il settore produttivo tecnologico ma non vogliono proseguire negli studi universitari. Manca la consapevolezza dei vantaggi che determinate professioni arrecano al lavoro femminile. Anche l’Agenda Digitale europea promuove azioni per l’inclusione digitale femminile. Le ragazze non hanno ancora modelli positivi di donne nel lavoro produttivo tecnologico, persistono ancora stereotipi culturali dove il possesso e l’uso delle nuove tecnologie appartengono al genere maschile. Sosteniamo perciò la presenza delle donne nel sistema delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, come valore aggiunto della forza lavoro favorendo, in tal modo, la crescita occupazionale, la competitività e la ripresa economica.
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19/02/2017 Lo sguardo in mostra: Steve McCurry e Frida Kahlo
"Icons" di Steve McCurry (Ancona, Mole Vanvitelliana, 25 febbraio - 25 giugno 2017) Steve McCurry è uno dei più grandi maestri della fotografia contemporanea ed è un punto di riferimento per un larghissimo pubblico che nelle sue fotografie riconosce un modo di guardare il nostro tempo. Steve McCurry Icons raccoglie in circa 130 scatti l’insieme e forse il meglio della sua vasta produzione, per proporre ai visitatori un viaggio simbolico nel complesso universo di esperienze e di emozioni che caratterizza le sue immagini. A partire dai suoi viaggi in India e poi in Afghanistan, da dove veniva Sharbat Gula, la ragazza che ha fotografato nel campo profughi di Peshawar in Pakistan e che è diventata una icona assoluta della fotografia mondiale. Con le sue foto Steve McCurry ci pone a contatto con le etnie più lontane e con le condizioni sociali più disparate, mettendo in evidenza una condizione umana fatta di sentimenti universali e di sguardi la cui fierezza afferma la medesima dignità. Ci consente di attraversare le frontiere e di conoscere da vicino un mondo che è destinato a grandi cambiamenti. La mostra inizia infatti con una straordinaria serie di ritratti e si sviluppa tra immagini di guerra e di poesia, di sofferenza e di gioia, di stupore e di ironia. Un filmato, prodotto da National Geographic è dedicato alla lunga ricerca che ha portato Steve McCurry a ritrovare la “ragazza afghana”, 17 anni dopo il famoso scatto. A tale proposito è recente, del novembre 2016, la notizia che, dopo essere stata arrestata dalla polizia pakistana, Sharbat Gula è finalmente tornata nel suo paese. INFO MOSTRA Sede: La Mole Vanvitelliana ANCONA Orari: dal martedì alla domenica dalle ore 10 alle 19 – Lunedì chiuso 19“La Collezione Gelman: arte messicana del XX secolo. Frida Kahlo, Diego Rivera, Rufino Tamayo, María Izquierdo, David Alfaro Siqueiros, Ángel Zárraga” (Bologna, Palazzo Albergati, 19 novembre 2016 - 26 marzo 2017) Un racconto bellissimo, struggente, emozionante quello della mostra su Frida Kahlo e Diego Rivera, attraverso l’esposizione delle opere della Collezione Gelman, tra le più importanti raccolte d’Arte Messicana del XX secolo in cui primeggiano, è narrata la “Rinascita messicana” (1920-1960) e la storia degli artisti che ne sono stati protagonisti. Frida è stata la più potente biografa di se stessa: attraverso le sue opere si ripercorre la vita di una donna alla quale non è stato risparmiato alcun dolore: l’incidente sull’autobus che le distrusse la colonna vertebrale, gli aborti, la travagliata storia con Diego, i tradimenti, il supplizio fisico, la morte prematura; attraversando le sale della mostra si rivivono con lei emozioni e dolori. Come scriverà Frida nei suoi diari: «Ho subito due gravi incidenti nella mia vita… il primo è stato quando un tram mi ha travolto e il secondo è stato Diego». Tra le opere di Frida, Autoritratto con collana (1933), Autoritratto seduta sul letto (1937), Autoritratto con scimmie (1943), Autoritratto come Tehuana (1943) e quelle legate al suo amore per Diego, come L’abbraccio amorevole dell’universo, la terra (il Messico), Diego, io e il signor Xolotl (1949); una “Naturaleza viva” (Natura vivente) di straordinario impatto, La sposa che si spaventa vedendo la vita aperta (1943). La Collezione Gelman è composta da dipinti, fotografie, abiti, gioielli, collages, litografie, disegni; a questa si aggiunge una "chicca" assoluta: per la prima volta sono esposti gli abiti dei più grandi stilisti di fama internazionale che si sono ispirati a Frida Kahlo: Gianfranco Ferrè, Antonio Marras, Valentino sono solo alcuni nomi della moda che hanno voluto partecipare a questa mostra. Per volontà dei prestatori e degli organizzatori, una parte del ricavato della mostra andrà a favore dei terremotati.
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14/02/2017 La manifestazione delle donne per i diritti
La manifestazione delle donne a Washington durante il giuramento di Donald Trump tra le più grandi della storia americana contro un presidente. Una manifestazione pacifica, che si è ripetuta in varie parti del mondo a sostegno delle americane, preoccupate dell'imprevedibilità di un presidente che, i manifestanti, definiscono un 'dittatore' "Sexist, racist and anti-gay”. A rischio sono lo stato sociale, i diritti di donne, uomini, gay, immigrati.., contro il quali il neo presidente vuole innalzare muri, bloccare gli ingressi di persone provenienti da altri paesi, fuggendo dai posti di guerra e privi di diritti, perchè credono nella patria del diritto e della libertà. E riecchieggia la “Preghiera delle madri”, delle donne, circa quattromila, che qualche mese fa, hanno marciato insieme, cristiane, musulmane, ebree da Nord di Israele verso Gerusalemme. La preghiera recita “I muri della paura un giorno scompariranno”. Un verso attuale in questi giorni in cui si ricorda la Shoah e in cui negli Stati Uniti il neo presidente Donald Trump annuncia la costruzione di un muro tra Usa e Messico. Nel contempo il parlamento della Russia ha approvato una legge che punta a depenalizzare le violenze commesse all’interno delle mura domestiche. I sostenitori del provvedimento hanno spiegato che esso è necessario per evitare “la distruzione della famiglia”. La norma è stata approvata, infatti, con una maggioranza schiacciante: 385 voti a favore e solamente due contrari. D’ora in avanti, tutti gli atti violenti che non comportino un ricovero ospedaliero saranno considerati in Russia come passibili di semplici sanzioni amministrative. “In questo modo si depenalizza completamente la violenza e si sottrae alle vittime la loro unica possibilità di proteggersi”, ha commentato un collettivo di donne che ha organizzato una manifestazione di protesta, a Mosca, il 4 febbraio. Le stesse organizzazioni femministe hanno sottolineato come in Russia muoiano ogni anno a causa delle violenze domestiche oltre diecimila donne. Mentre, secondo il Centro nazionale contro le violenze domestiche, sono 650 mila quelle che vengono picchiate dai loro mariti o da altri familiari. E le donne continuano a manifestare…..
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07/02/2017 Vaccini: tra diritto alla salute e libertà di cura
In questi giorni molto si è discusso sull’opportunità di estendere l’obbligo delle vaccinazioni in tutte le Regioni. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin e le Regioni, hanno condiviso "l'esigenza di arrivare in tempi relativamente brevi a una legge nazionale sulla obbligatorietà delle vaccinazioni”, per garantire un’offerta vaccinale uniforme in tutte le zone del Paese, quindi uguali livelli di assistenza sanitaria, e per far fronte a nuove emergenze. Il piano vaccinale 2017-19, che prevede nuovi vaccini gratuiti, è stato approvato dalla Conferenza Stato-Regioni, ma si dovrà discutere delle modalità attuative e la Commissione Salute ha rappresentato al ministro la posizione regionale di favore verso un intervento legislativo nazionale che renda obbligatorie le vaccinazioni per l'accesso ai percorsi scolastici nella scuola dell'infanzia e dell'obbligo. Tra gli obiettivi anche quello di raggiungere lo stato morbillo-free e rosolia-free. Con il nuovo piano si prevede la somministrazione gratuita per fasce più a rischio : Anti-Papillomavirus anche adolescenti maschi  Varicella per i più piccoli Anti-Pneumococco e Zoster per gli anziani Anti-Meningococco B Rotavirus Sono consigliati  vaccini anti-influenzali per gli anziani ultrasessantacinquenni, per evitare complicazioni e ospedalizzazioni, da effettuarsi in autunno. Sono state stanziate risorse per circa 220 milioni di euro per i vaccini, che rientrano nella prevenzione sanitaria, per il periodo 2017-2019. Al di là delle opinioni che ognuno di noi può avere su questa argomento, è bene ricordare che l’art.32 della Costituzione sancisce il diritto alla salute come fondamentale per l’individuo e per l’interesse della collettività: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.. in relazione però al ben collettivo della comunità. In altri termini la libertà individuale non può ledere un superiore interesse collettivo. La situazione di benessere psico-fisico intesa in senso ampio, bene “salute”, si traduce nella tutela costituzionale dell’integrità psico-fisica, del diritto ad un ambiente salubre, del diritto alle prestazioni sanitarie e della cosiddetta libertà di cura (in altri termini, diritto di essere curato e di non essere curato). La Carta costituzionale sancisce il diritto dei cittadini a vedere tutelata la propria salute, lo Stato deve assumersi il compito di realizzare tutte le condizioni affinché ciò avvenga; questo equivale a dire che il servizio sanitario nazionale è l’esplicazione dei doveri costituzionali a carico dello Stato e a favore della comunità.
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06/02/2017 Contro la violenza nei luoghi di lavoro, oggi firmato a Fermo l'accordo tra le parti sociali
 Anche nella Provincia di Fermo si coniuga l’accordo quadro delle parti sociali europee e l’accordo di Cgil, Cisl e Uil e Confindustria nazionali sulle molestie e sulla violenza nei luoghi di lavoro: il protocollo provinciale è stato siglato oggi, lunedì 6 febbraio, presso la sede di Confindustria di Fermo, alla presenza di Giuseppe Tosi (Confindustria), Alessandro Migliore (CNA), Paolo Tappatà (Confartigianato), Paola Beltrami (CGIL), Alfonso Cifani (CISL) e Floriano Canali (UIL). Il testo ribadisce l’intollerabilità dei comportamenti che si configurano come molestie e violenza nei luoghi di lavoro, che la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori deve essere preservata, che i comportamenti illeciti vanno denunciati, e che tutti debbono collaborare affinché le relazioni nell’ambiente di lavoro siano  basate sul rispetto e volte a preservare la dignità di ognuno.Con questo accordo le parti (i rappresentanti dei lavoratori da un lato e le associazioni datoriali dall’altro) promuovono l’adozione all’interno delle unità produttive della “Dichiarazione di non tollerabilità”, con cui si impegnano ad adottare misure adeguate nei confronti di colui o coloro che hanno posto in essere azioni o comportamenti molesti o violenti nel luogo di lavoro.Fondamentale è la costituzione di un Osservatorio provinciale che si impegni ad implementare l’accordo nelle varie realtà produttive, usando il metodo dell’informazione e della formazione, verificando anche la possibilità di accedere a finanziamenti deputati, oltre a stabilire un percorso di assistenza psicologica e legale alle vittime.L’accordo provinciale del fermano completa quello nazionale con riferimenti per il congedo per le donne vittime di violenza di genere, recependo l’art. 24 del D.Lgs 80/2015.Testo accordo prima parteTesto accordo seconda parte6/2/17 
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03/02/2017 «Non toccate le bambine»: 6 febbraio giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili
6 FEBBRAIO giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili istituita dalle Nazioni Unite; le MGF sono state incluse tra le violazioni dei diritti umani che privano la donna della dignità, dell’autonomia e ne impediscono l’evoluzione culturale. A livello scientifico le mutilazioni agli organi genitali femminili si classificano in quattro tipi, ma la pratica dell’infibulazione è la più radicale e diffusa. L’ OMS ha stimato in Africa un numero di 200 milioni di donne (tra i 15 e 49 anni) che hanno subito mutilazioni genitali, ma questo dato si debbono aggiungere le bambine di età inferiore o eguale a 5 anni che vengono stimate in 3 milioni. Le radici culturali delle M.G.F. L’origine culturale delle MGF non è ancora chiara. Il termine infibulazione ha una derivazione palesemente latina; la fibula era una spilla che serviva ai Romani per tenere agganciata la toga , ma la usavano anche con le mogli e imposta alle schiave. L’origine è pre-cristiana , pre-ebraica e pre-islamica, dimostrando la non esistenza di un legame con la religione . In alcuni Paesi islamici la pratica della mutilazione genitale femminile è sconosciuta, Iran e Turchia. Nella tradizione delle popolazioni l’infibulazione è legata al passaggio delle bambine dall’infanzia all’ adolescenza e alla sessualità adulta; questo accade in molti Paesi dove la pratica è inserita in un rito di iniziazione sociale e di “festeggiamento” . Ha un significato nel sistema economico e matrimoniale, il prezzo della sposa è più alto se illibata e fertile. I Paesi dove la tradizione è ancora esistente sono : Somalia, Etiopia, Eritrea, Egitto, Mauritania, Uganda, Burkina Faso, Sierra Leone, Sudan, Mali, Gambia, Guinea, Gibuti, Liberia, Kenia del Nord. La legge sulla prevenzione in Italia La Legge del 9 gennaio 2006 n.7 (pubbl. il 18/01/2006): “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto di pratiche di mutilazione genitale femminile”, in attuazione degli artt.2,3,32 Cost. e dal “programma di azione” adottato a Pechino il 15 settembre 1995. La legge n.7/2006 non solo vieta di praticare la MGF ma la definisce un grave reato , severamente punito. Tale disposizione si applica a personale sanitario , a cittadino italiano o straniero; si applica anche quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano o straniero, comunque residente in Italia. Le linee guida per la formazione del personale sanitario e professionale viene emanato dal Min.della Salute; questo favorisce l’attività di assistenza e di riabilitazione delle bambine già sottoposte all’infibulazione. Anche nelle scuole viene effettuata un’opera di prevenzione, soprattutto nei confronti di bambine che si recano per un lungo periodo nel Paese di origine, assentandosi dalla scuola. Le trasformazioni sociali e culturali in corso Monitorando i paesi Africani si rileva una modesta regressione, in particolare nelle aree urbane con un buon livello di istruzione, rispetto alle aree rurali. Le bambine vengono portate negli Ospedali per la pratica evitando gli operatori tradizionali, l’importanza della cerimonia è sostituita dalla mutilazione effettuata senza pubblicità. Nei Paesi di immigrazione, le donne delle comunità immigrate ancora in molta parte continuano ad attribuire importanza alle originarie tradizioni, tanto da considerare le mutilazioni genitali femminili uno strumento di affermazione e di identità. Numerose Associazioni e Stati hanno realizzato iniziative di sensibilizzazione per la prevenzione , portando alla consapevolezza sociale la gravità delle conseguenze fisiche. In Italia la Toscana è tra le prime Regioni con un progetto in corso nelle scuole per combattere l’emergenza; la Lombardia è la Regione con il problema più rilevante, nel 2010 vivevano 27mila donne che avevano subito la mutilazione genitale; sempre nel 2010 in Italia risultavano vivere 57mila donne con MGF. Nell’intento di completare e superare il metodo solo punitivo della legge, è fondamentale aprire sempre un confronto culturale con le donne immigrate, in spazi dedicati a loro, con il rispetto della diversità. Nella problematica delle MGF può essere decisivo portare la comunicazione nei luoghi pubblici, per sensibilizzare al diritto all’integrità fisica delle donne e per realizzare considerevoli interventi di sanità pubblica.
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05/01/2017 Una società si misura su ciò che fa per i suoi figli
Il teologo Dietrich Bonhoeffer diceva che «il senso morale di una società si misura su ciò che fa per i suoi bambini». Quindi la domanda su cosa fa e la società contemporanea per i suoi figli e per i giovani sorge spontanea, soprattutto se consideriamo che la società occidentale sta vivendo una crisi economica che è anche crisi demografica: fare figli è diventato un lusso e lo Stato diminuisce il proprio investimento sui bambini. Secondo i dati resi noti alla fine del 2015 dal Garante dell’Infanzia nel rapporto “Disordiniamo!”, la spesa per infanzia e adolescenza in Italia è pari a 45,6 miliardi, dei quali più del 90% va per il personale del ministero dell’Istruzione. Facendo qualche calcolo in riferimento al bilancio del 2014, lo Stato spenderebbe ogni anno circa 398 euro per bambino o adolescente residente sul territorio nazionale, ovvero circa lo 0,2% del Pil. Senza considerare che 1 milione 131 mila sono i bambini che vivono in condizione di povertà assoluta e che il Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza continua a diminuire, nonostante la Garante per l’Infanzia, Filomena Albano, in occasione della Giornata Mondiale per i Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza ricorda che: «L’Italia è sempre stato un Paese virtuoso sul piano del riconoscimento dei diritti dell’infanzia, con una bella tradizione di tutela delle persone di minore età, vulnerabili e indifese». Secondo l’UNICEF, nonostante gli enormi progressi fatti dall’approvazione della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza nel 1989, ratificata in Italia nel 1991, i diritti di milioni di bambini vengono quotidianamente violati. Sono circa 6 milioni quelli che ancora muoiono ogni anno per cause prevenibili. Circa 50 milioni di bambini sono stati sradicati dalle loro case, di questi 28 milioni sono sfollati a causa del conflitto. I bambini intrappolati in aree sotto assedio – compresa la Siria, l’Iraq e la Nigeria del Nord* – corrono maggiori rischi di vedere i loro diritti violati, a causa degli attacchi contro le scuole, gli ospedali e le loro case. A livello globale, circa 250 milioni vivono in paesi colpiti dal conflitto. Circa 385 milioni di persone vivono in condizioni di povertà estrema e più di 250 milioni di bambini in età scolare non stanno ricevendo un’istruzione. Da ricordare che in Italia la Legge di stabilità 2016 ha stanziato € 100 milioni annui attraverso le fondazioni bancarie un apposito fondo alla lotta alla povertà educativa minorile per il prossimo triennio. È per tutte queste ragioni che ci si deve impegnare, presentare proposte concrete per combattere ingiustizie e discriminazioni nell’accesso ai diritti in ambito sanitario, scolastico, sociale, per abbattere quei muri di differenze e disparità che sono ancora presenti anche nella società italiana. Ancora donne partorienti muoiono nel dare alla luce bambini, o sono forti le difficoltà socio economiche che impediscono l’accesso o la permanenza nella scuola, si pensi al fenomeno dell’abbandono scolastico, ancora molto presente in molte regioni d’Italia. Alcuni traguardi sono stati raggiunti con l’innalzamento dell’età dell’obbligo scolastico a 16 anni dal 2007/2008. Il fenomeno dell’abbandono scolastico si è fortemente ridimensionato nei primi livelli d’istruzione obbligatoria, ma si innalzato nelle scuole superiori. L’Italia è tra i Paesi dell’UE con i più alti tassi di abbandono scolastico tra i giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni, i quali non raggiungono il diploma di scuola secondaria o una qualifica professionale. Spesso questi bambini e ragazzi non avendo un’educazione scolastica, si perdono, diventando preda facile di balordi, criminali, pedofili o cadono nelle trappole dello sfruttamento del lavoro in nero, vendita di contrabbando, o nei peggiori dei casi della criminalità organizzata diventando spacciatori, solo perché abbagliati dal facile guadagno, a volte destinato a famiglie che svendono il destino dei loro figli, perché poveri. In altri casi, in particolare i ragazzi adolescenti tra i 14-17 anni ( 2 milioni su 10 milioni circa di minori in Italia), pur vivendo in famiglie benestanti, sperimentano nuove forme di solitudine all’interno dei loro nuclei familiari, perché i genitori sono assorbiti da impegni lavorativi stressanti o da condizioni affettive difficoltose, quand’anche non sopraggiungono separazioni e divorzi, che creano in molti casi instabilità sia nei bambini che negli adolescenti. Da un lato assistiamo da tempo ad una perdita di valori da parte degli adulti, che non riescono a garantire per sé e per i propri figli una progettualità anche esistenziale, ad esercitare il ruolo di genitore, che non è quello amicale; dall’altro i ragazzi, non avendo una sorte di guida anche autorevole, spesso soli, si dedicano ai social network, che sono diventato lo strumento per conoscere persone, costruire e gestire relazioni. Sappiamo però che nel "bosco" dei social i minori senza adeguati strumenti possono perdersi: tra l'altro i social sono spesso usati come mezzi per esercitare potere sui più deboli e fragili, si pensi ai fenomeni del bullismo e/o cyberbullismo, anche omofobico, che in alcuni casi ha portato al suicidio. Molte indagini psicosociali ci mostrano che gli adolescenti sono una “generazione all’eccesso”, nell’uso dei social network, dell’alcool, delle sostanze psicoattive, nel comportamento sessuale. E noi adulti di riferimento, genitori, educatori? Dobbiamo riappropriarci di un ruolo fondamentale, quello di essere guida e punto di riferimento. Partecipare a momenti di costruzione di politiche, di interventi in favore dei minori; costituire punti di ascolto con i giovani, continuare ad organizzare incontri nelle scuole contro le dipendenze, il gioco d’azzardo, sui rischi derivanti dall’uso indiscriminato dei social; costruire interventi educativi qualificati, che coinvolgano sinergicamente gli attori del quadrilatero formativo (famiglia, scuola, istituzioni, terzo settore); attivare un nuovo protagonismo dei ragazzi, renderli capaci di costruirsi percorsi di vita e protagonisti nel tessuto sociale, rendere loro possibile partecipare a forum, momenti di confronto pubblici ove esprimere le loro opinioni, il loro punto di vista per essere e sentirsi cittadini e gli adulti di domani.
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05/01/2017 Guerre e fame: quei bambini persi per sempre
Non solo bombe e spari uccidono. Nelle guerre che insanguinano Africa e Medio Oriente la popolazione è allo stremo, senza cibo aiuti e medicinali. I primi a pagare sono i bambini. YEMEN  Sotto assedio e senza cibo, un dramma che colpisce 370mila bimbi. Manca il cibo, le madri impotenti ascoltano i figli implorare con il lamento infinito, acuto della pietra sfregata contro la pietra. Non si trovano medicine, gli ospedali e le scuole, affollati di pazienti e di bambini, sono sottoposti a bombardamenti feroci. SIRIA  La guerra ad Aleppo è tornata a essere la guerra dei bambini, in quell’inferno si beve l’acqua infetta, in quanto gli acquedotti sono stati danneggiati dai raid o sabotati. Da metà luglio la situazione è insostenibile, denuncia Andrea Iacomini, portavoce dell’Unicef che scrive: «Ad Aleppo Est non entra più nulla. Nei convogli distrutti c’erano prodotti per l’igiene, pasticche per la potabilizzazione dell’acqua, integratori alimentari, vitamine, kit salvavita che dovevano servire a 78 mila abitanti in condizioni estreme. Nei quartieri orientali ci sono centomila bambini in pericolo, a Ovest ci sono 35 mila minori sfollati, in condizioni difficili». NIGERIA  Ragazzini e donne usati come kamikaze. Attentati, suicidi, saccheggi, sequestri di massa. Dal 2009 la Nigeria è insanguinata dalla ferocia dei fondamentalisti di Boko Haram. Almeno 20.000 le persone uccise in sette anni e due milioni e mezzo i civili costretti a fuggire in altre zone del Paese e negli Stati limitrofi: Niger, Ciad e Camerun. A pagare il prezzo più alto della violenza jihadista sono donne e bambini. Il caso delle 219 studentesse rapite nel 2014 ha suscitato sdegno internazionale, ma altrettanto scioccanti sono i dati sui minori usati per seminare morte. Dal 2014, il totale degli attentati kamikaze compiuti impiegando bambini è di ben 86: un quarto del totale. Nell’ultimo report l’Unicef denuncia che nello Stato di Borno, roccaforte dei terroristi, 244.000 bambini sono in grave stato di malnutrizione: un drastico peggioramento rispetto ai 175.000 che si registravano a inizio 2016. REPUBBLICA CENTRAFRICANA  Gli scontri etnici spingono 10mila minori a fare i guerriglieri. Metà della popolazione della Repubblica Centrafricana è ridotta alla fame. La Fao denuncia che circa 2,5 milioni di persone non hanno accesso a mezzi di sostentamento, una cifra più che raddoppiata nell’ultimo anni. Il conflitto esploso nel 2013 tra i ribelli musulmani del Seleka e i cristiani ha stremato il Paese e a farne le spese sono soprattutto i bambini: senza cibo, acqua, educazione, cure mediche. L’alternativa è spesso imbracciare un kalashnikov ed entrare nel sempre più vasto esercito di bimbi soldato, che secondo le stime dell’Unicef ha superato le 10mila unità. SUD SUDAN  Nel Paese oltre quattro milioni di persone non hanno da mangiare.  È lo Stato più giovane del mondo - nato cinque anni fa con la dichiarazione d’indipendenza dal Sudan - ma la sua infanzia è tutt’altro che serena. In Sud Sudan il conflitto interetnico ha già lasciato sul terreno oltre 10.000 vittime. I violenti scontri dell’8 e 9 luglio nella capitale Juba hanno aggravato a dismisura la crisi alimentare nel Paese, costringendo decine di migliaia di civili a lasciare le proprie abitazioni per cercare rifugio nel confinante Uganda. A quasi tre anni dall’inizio della guerra civile gli sfollati sono quasi due milioni. L’Unhcr denuncia che la pressione sui confini ugandesi si sta facendo sempre più forte e i centri di accoglienza sono al collasso.
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03/01/2017 La Siria e i "cuori spezzati"
Su tutto il territorio della Siria , dalla mezzanotte del 30 dicembre, è entrata in vigore la tregua tra il regime e gli oppositori con l’approvazione del cessate il fuoco da parte delle Nazioni Unite. Per comprendere il senso di quanto accade alle donne e agli uomini nella Siria martoriata, abbiamo approfondito attraverso le testimonianze raccolte da Asmae Dachan - giornalista e scrittrice di origini siriane, musulmana, instancabile sostenitrice di iniziative umanitarie - la realtà che sovente viene nascosta dalle opinioni politiche. Nella zona est di Aleppo i giornalisti hanno documentato le violenze contro i civili, colpevoli di abitare nelle zone dei ribelli. A conferma della “liberazione” di Aleppo dalle classi povere che popolavano la zona est della città, si stima siano stati evacuati circa 40.000 civili: molti uomini sono stati trucidati e le donne stuprate. I profughi di Aleppo scappati dai quartieri bombardati dal regime hanno perso tutto. Molte famiglie si sono inizialmente rifugiate in periferia, molti hanno cercato di attraversare il confine per entrare in Turchia. Oggi i campi dei profughi sono in prevalenza ad Aleppo, Idlib e Homs. La donne siriane Durante la guerra, nelle metropoli, le donne che avevano ancora i nuclei familiari e disponibilità economiche, hanno intrapreso attività commerciali nel settore gastronomico e artigianale. Ma nelle città di confine ora si trovano donne sole, vedove, che si rivolgono per lavoro alle ONG presenti per l’assistenza dei minori. Non esistono sostegni sociali, ma solo stipendi che permettono a malapena il pagamento di affitti. Vi sono tante donne con il marito invalido o paralizzato dalla guerra, che vivono in condizioni ancor più drammatiche dovendo accudire e sostenere da sole il nucleo familiare . Le donne hanno manifestato con gli uomini contro il regime ed hanno subito la repressione della dittatura di Bashar al Assad , ma a complicare la drammatica situazione è arrivato anche il terrorismo internazionale e l’ingerenza dei Paesi stranieri. La libertà cercata dalle donne è stata soffocata dalla violenza, riportando la Siria ai tempi della segregazione femminile e dell’assenza dei diritti umani. I minori e i bambini traumatizzati I bambini siriani sono stati costretti dalle circostanze a diventare adulti prima del tempo; in gran parte hanno subito violenze, abbandono, violazioni, paura e minacce. Un giovane psicologo siriano, Mohamed Al Sayd, afferma che i traumi nei maschi si manifestano con comportamenti violenti, nelle femmine con l’isolamento volontario. I genitori sottoposti ad instabilità, mancanza di lavoro e angosce non riescono ad aiutare i loro figli; i bambini diventano “bombe ad orologeria”. Molti bambini nati durante la guerra non sono alfabetizzati, gli altri hanno perso ben cinque anni di studio. Gravissima è la mancanza di cure mediche e di medicinali, che di sovente provoca la morte, nonché mancanza di adeguato nutrimento che rallenta la crescita; per sopravvivere nelle tendopoli i bambini patiscono come gli adulti, in una realtà atroce. I bambini cercano di fuggire dalla Siria verso la Turchia dove si muovono alla ricerca dei loro simili con i quali mendicare, finendo nel racket dell’accattonaggio. Nessun orfanotrofio accoglie minori sopra i 12 anni. Infine, vi sono i bambini che vengono fatti fuggire da soli attraverso il mare, unica soluzione oltre la morte. Secondo i dati dell’anno 2016, pubblicati dall'organizzazione no-profit Syria Network, in Siria sono stati uccisi 3923 bambini e 2592 donne, su un totale di 16913 civili uccisi. Queste sono solo alcune delle testimonianze dirette raccolte in Siria da Asmae Dachan e, come lei stessa ha scritto in occasione del Natale cristiano: «Dobbiamo ricordarci che siamo un’unica, grande famiglia, la famiglia umana, e se in un angolo del mondo c’è anche solo un bambino che soffre, l’intera famiglia deve adoperarsi per alleviare le sue pene. C’è bisogno di giustizia per costruire la pace, c’è bisogno di cultura per costruire una società del reciproco rispetto… La nascita di Gesù è una gioia per il mondo cristiano, ma anche per il mondo dell’islam».
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25/11/2016 25 novembre: Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne
Con la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999, l'Assemblea Generale dell'ONU ha designato il 25 novembre Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Ogni data ha una storia e ripercorrerla brevemente spesso dà alle cifre di cui è composta volti e corpi che la rendono meno astratta e formalmente celebrativa. Non vogliamo che il 25 novembre sia solo una ricorrenza dietro la quale esaltarci o nasconderci rispetto alla quotidianità. Una sorta di rito collettivo fatto di iniziative interessanti e emozionanti a cui senz'altro partecipare e aderire ma che a volte hanno "il fiato corto" se non c'è la consapevolezza che poi la partita vera si gioca nelle nostre scelte e necessità, nel nostro impegno e anche nel nostro disimpegno, nel nostro tempo pieno delle azioni e delle relazioni. La data del 25 novembre fu scelta da un gruppo di femministe latinoamericane a Bogotà nel 1981: è la data dell'assassinio nel 1960 delle tre sorelle Mirabal ad opera del Servizio di informazione militare del dittatore dominicano Trujillo; mentre si recavano a far visita ai mariti in prigione, le tre donne furono rapite, torturate, massacrate e poi gettate in un precipizio. La narrazione ci restituisce accanto all'immagine della violenza brutale, quella del coraggio di queste tre donne rivoluzionarie; ci parla di amore per la libertà, per i loro compagni, per il loro paese. Ancora oggi violenze private e violenze pubbliche, in famiglia, sul lavoro, nelle guerre e nel fondamentalismo religioso, in usanze che non possono essere rispettate perché violano i diritti umani, segnano il corpo e l'anima delle donne spesso bambine, come l'infibulazione. E' di questi giorni la notizia del disegno di legge in Turchia che sospende i processi per chi, dopo aver abusato di una minore consenziente, (leggi "venduta" dalla famiglia) accetta le nozze riparatrici con la sposa bambina seviziata nel corpo e nell'anima. Quanto avviene in Turchia ci riguarda, come ci riguarda quanto avviene nei paesi in cui lo stupro, la sevizia, la tortura fisica e psicologica sono usate come armi politiche e militari. Ascoltiamo la TV, leggiamo le notizie che rimbalzano sui social e non sempre pensiamo che le donne respinte a Gorino sono le stesse donne che subiscono molestie, violenze, soprusi per cui abbassiamo lo sguardo o alziamo la testa in un moto di indignazione. La violenza ha mille volti e mille luoghi, dovremmo ricordarlo. In questo tempo in cui qualcuno parla di muri, un libro forte, potente scritto da una donna che racconta una donna ci invita a sollevare lo sguardo verso l'altro. La storia di Brigitte che ci racconta Melania Mazzucco in "Io sono con te" è una storia di perdita e di ritrovamento con al centro, appunto, una donna che, scappata dal Congo e dalla violenza, arriva in Italia ferita, persa, separata da se stessa e dai suoi figli. Dopo aver vissuto l'esclusione sopravvivendo per strada, in una Stazione Termini che diventa il luogo della disumanizzazione, Brigitte, rinasce attraverso l'accoglienza. Melania Mazzucco ci mostra come in uno specchio se stessa e noi stessi raccontando Brigitte e ci dice che l'unica via buona per opporsi alla violenza è quella dell'incontro, della relazione, del riconoscimento: "Ancora non so se riuscirò a scrivere la sua storia. Ma sono sicura che, se potrò farlo, sarà solo perché lei sarà stata se stessa con me, e anch'io con lei. Allora io potrò anche essere lì e trovare le parole". La violenza ha mille volti, mille luoghi. Dieci milioni, secondo l'Istat le donne che hanno subito violenza sessuale, fisica o psicologica nel corso della loro vita. In Italia la casa, le mura domestiche, la strada ma anche il posto di lavoro possono essere i luoghi della violenza di genere. Come Sindacati abbiamo voluto proprio focalizzare questo tema. Il lavoro che dovrebbe essere il luogo del "riscatto" (in alcuni contesti la violenza domestica si nutre anche del ricatto economico e la donna soggiogata è una donna spesso priva di lavoro, "dipendente" economicamente socialmente e psicologicamente dal proprio compagno), dove le donne possono realizzare il proprio talento o comunque rendersi autonome, a volte diventa invece luogo di violenza dove le donne possono subire il ricatto e la molestia legati al nesso contratto-permesso di soggiorno se sono immigrate o la molestia sessuale legata al ricatto lavorativo o un linguaggio offensivo e mortificante o mobbing o discriminazione e disuguaglianza lavorativa. I Sindacati e Confindustria stanno lavorando anche nel nostro territorio marchigiano ad accordi contro le molestie e la violenza nei luoghi di lavoro. Non vogliamo si tratti solo di una dichiarazione di intenti ma di uno strumento per rendere visibile ed attiva nelle aziende la rete del territorio (dalle Consigliere di parità alle associazioni) nell'opera di sensibilizzazione, informazione, formazione per la prevenzione e la denuncia dei casi: perché la giornata del 25 novembre non sia solo una celebrazione ma un'occasione per condividere il nostro impegno di tutti i giorni. PUBBLICATA LA CIRCOLARE INPS SUL CONGEDO INDENNIZZATO PER LE DONNE VITTIME DI VIOLENZA Il Jobs Act ha introdotto alcune novità al Testo Unico di Tutela della maternità e paternità approvate con DLgs n. 80 del 15 giugno 2015, tra queste la norma sui congedi per donne vittime di violenza. Si ricorda che il congedo in questi casi è previsto per tre mesi, è fruibile a giornate o ad ore, secondo i contratti collettivi nazionali. È garantita la retribuzione. La Circolare INPS: cir. 65/16 del 15 aprile fornisce le istruzioni per usufruire del congedo indennizzato. Le istruzioni sono riferite alle lavoratrici del settore privato, sia per il pagamento delle indennità sia per gli aspetti correlati alla contribuzione figurativa. Le lavoratrici del settore pubblico, alle quali l’indennità per il congedo in questione è corrisposta dall’Amministrazione di appartenenza, secondo quanto previsto per i trattamenti di maternità, sono contemplate per gli aspetti che riguardano la copertura figurativa dei periodi di congedo fruiti. Infine le lavoratrici con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, sono contemplate dall’art. 24 in argomento solo ai fini del riconoscimento di un diritto alla sospensione del rapporto di collaborazione a cui non corrisponde però un diritto all’indennità (comma 2 dell’art. 24 cit.). SESSISMO, LE PAROLE SONO PIETRE Il maschilismo non si manifesta solo nell’aggressione fisica, ma in tanti i piccoli atteggiamenti della vita quotidiana che relegano la donna ad un ruolo prestabilito e non gratificante. Sono le parole a svelare questo tipo di sguardo sulla società, le parole che ci vengono rivolte a casa, al lavoro, a scuola e nei posti più disparati. A volte restano parole, ma più spesso determinano vere e proprie situazioni di disagio, sminuendo una donna rispetto ai propri colleghi maschi sul posto di lavoro o in altri ambiti, come la politica. Il problema è che le parole non soltanto svelano, ma consolidano un atteggiamento. Gli uomini non sempre si rendono conto della natura discriminatoria del linguaggio, in quanto esso è radicato in un terreno culturale da molti ancora considerato “normale”. La vita di noi donne è costellata di frasi come: “Il tuo vestito non è troppo giovanile? Vuoi continuare a lavorare dopo la nascita di tuo figlio? Devi essere in quel periodo del mese.... Prendiamo la politica dove la presenza femminile è sensibilmente aumentata negli anni, eppure le donne sindache, deputate in Parlamento e attive nei partiti sono ancora guardate con diffidenza e apostrofate con parole e gesti maschilisti. Recentemente le pesanti minacce rivolte da Vincenzo De Luca a Rosy Bindi rappresentano il concentrato potenzialmente esplosivo di utilizzo del linguaggio dell’odio e del sessismo. Un concentrato che si ritrova spesso sui social media, ove all’insulto pesante contro le donne, si accompagnano minacce, inviti alla violenza altrui e/o all’autoviolenza e al suicidio. È un tipo di violenza cui sono esposte tutte le donne, a prescindere dal loro ruolo pubblico, ma cui sono particolarmente esposte le donne in politica, a motivo della loro maggiore visibilità ed anche con funzioni che molti considerano non di loro pertinenza. Lo documenta anche una ricerca dell’Unione interparlamentare che segnala come non si tratti solo di minacce e umiliazioni verbali , ma spesso anche di veri e propri attacchi fisici. Due politologhe torinesi, Marinella Belluati e Silvia Genetti, analizzando alcuni dibattiti parlamentari dell’ultimo anno, hanno trovato che nel 12,45% degli interventi in aula sono presenti vere e proprie espressioni di disprezzo, insulto, dileggio, squalificazione come esseri umani nei confronti di qualcuno, nella maggior parte avversari politici. E quando l’oppositore attaccato/insultato è una donna, non mancano le venature anche pesantemente sessiste. Il sessismo, il razzismo, l’omofobia e tutte le forme di squalificazione in nome di una particolare caratteristica, costituiscono l’anticamera della violenza. Quando si considera qualcuno inferiore, o non legittimato ad essere dove è, il passo verso l’aggressione è breve. Il linguaggio è rivelatore di un pensiero e muove determinate azioni. Questi pochi esempi ci dicono che in Italia permane una cultura della disuguaglianza che sancisce di fatto una sorta di subordinazione della donna; per questo noi donne per prime dobbiamo continuare a combattere il sessismo del linguaggio: più stima per noi stesse per affermare la cultura del rispetto. COME COMBATTERE LA VIOLENZA: LA TESTIMONIANZA DEL GIUDICE FABIO ROIA “Quando sono stato al Consiglio Superiore della Magistratura, dal 2006 al 2010, ho pensato che fosse necessario accertare come si affrontava il problema sul piano giudiziario per comprendere se i magistrati fornissero risposte adeguate alle donne che intendevano denunciare il loro compagno aggressore. Nella maggior parte dei Tribunali italiani mancava la specializzazione, definibile come una inclinazione del sapere in grado di coniugare preparazione tecnica, sensibilità, capacità di comprendere e di creare empatia con la vittima.  Non si può fare aspettare anni una donna vittima di violenza prima di pronunciare una sentenza che ne riconosca, sul piano istituzionale, la sofferenza personale vissuta. Così abbiamo elaborato, nel 2008, una prima delibera di indirizzo dove invitavamo tutti i dirigenti degli uffici giudiziari, requirenti e giudicanti, a trattare i reati di maltrattamento relazionale e di violenza sessuale con moduli organizzativi specializzati e con criteri di priorità. Adesso è intervenuta la legge 119 del 2013, quella c.d. sul femminicidio, che impone a tutti i giudici, nelle loro agende del processo, di dare priorità assoluta ai casi che riguardano maltrattamento domestico, stalking e violenza sessuale. Premesso che la violenza di genere non è un problema che si risolve soltanto sul piano repressivo anche perché la donna non vuole la punizione del suo aggressore, al quale rimane irrazionalmente legata sul piano affettivo,  ma protezione e aiuto per spezzare il circuito violento, occorre dire che oggi gli operatori del diritto hanno a disposizione una serie di strumenti normativi – completati dalla Legge 119/2013 e dalla ratifica della Convenzione di Istanbul - che consentono di intervenire efficacemente sul piano della tutela della vittima, dell’accertamento del reato e della, conseguente, irrogazione della pena e che, pertanto, non sono più accettabili, da chi rimane passivo, posizioni quali “ci vuole la legge”.   Introdurrei ancora due istituti: la previsione di un intervento trattamentale articolato per chi commette atti di violenza sulle donne, per evitare l’alto tasso di recidiva presente in questo genere di reati, e la possibilità di effettuare l’arresto differito – entro le 48 ore dalla consumazione del reato- dell’autore di atti di aggressione e  permettere alla donna di essere accolta in una struttura di prima assistenza. Fabio Roia  Presidente di Sezione del Tribunale di Milano PROTOCOLLO D'INTESA PER UNA RETE ANTIVIOLENZA AD ANCONA La città di Ancona, nell’anno 2016, con la Sindaca Dott.ssa Mancinelli ha sottoscritto il Protocollo d'intesa per la realizzazione della rete antiviolenza territoriale per la promozione di procedure e strategie condivise finalizzate ad azioni di contrasto alla violenza di genere alle donne e ai minori del territorio di Ancona. L’indignazione da sola non basta, serve uno strumento come quello della rete che aiuti veramente e concretamente le donne in difficoltà EVENTI IN PROGRAMMA Il rituale del femicidio - La vita di chi resta, anni dopo. Presentazione libro di Natascia Ronchetti. OSIMO
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15/11/2016 DirittInGenere 15 Novembre 2016
Regione Marche - BANDO DI AMMISSIONE AL CORSO PROPEDEUTICO ALLA OCCUPAZIONE DI DONNE NEL SETTORE TURISTICO (SCADENZA 23 NOVEMBRE 2016) La Commissione per le Pari Opportunità tra Uomo e Donna della Regione Marche, si propone di realizzare un percorso formativo finalizzato a formare 25 donne inoccupate/disoccupate per ogni Provincia della regione marche, per un totale di 125 donne, per avviarle all’occupazione nel settore turistico. L’intervento formativo mira a creare opportunità occupazionali per donne in inserimento/reinserimento lavorativo. Scadenza: 23 Novembre 2016 Il Corso è promosso dalla Commissione per le Pari Opportunità tra uomo e donna della Regione Marche con il contributo del Consiglio Regionale e dell’Ombudsman delle Marche e verrà realizzato nelle Province di Ascoli Piceno, Ancona, Fermo, Macerata, Pesaro e Urbino. Il Corso di Formazione si propone di realizzare un percorso finalizzato a formare 25 donne inoccupate/disoccupate per ogni Provincia della Regione Marche, per un totale di 125 donne, per avviarle all’occupazione nel settore turistico. L’intervento formativo mira a creare opportunità occupazionali per donne in inserimento/reinserimento lavorativo. Il percorso formativo rilascerà un attestato di frequenza con la seguente denominazione corso “Cucina (Collaborazione e Tecnologie di Ricezione)” B/AI TA 1.1.1.2. 100 ORE (codice regionale come da tabulato delle qualifiche – DGR 4626/1989). Verrà attivato un corso di formazione per ogni Provincia. Ogni corso è destinato a 25 donne. Per partecipare al corso le donne dovranno essere in possesso dei seguenti requisiti:  aver compiuto i 35 anni di età alla data della pubblicazione sul BURM del presente bando;  essere in stato di disoccupazione/inoccupazione;  risiedere nel territorio marchigiano;  motivazione ed interesse al lavoro nel settore turistico;  conoscenza della lingua italiana e regolare permesso di soggiorno per le cittadine extracomunitarie. Il corso avrà una durata complessiva di 100 ore, di cui 50 ore di lezioni teorico- pratiche in aule attrezzate e 50 ore di stage aziendale. Il percorso formativo sarà articolato come di seguito riportato. Formazione in aula didattica (50 ore): Orientamento Iniziale e bilancio delle Competenze (4 ore) Diritti dei Lavoratori (2 ore) Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (2 ore) Igiene degli alimenti e principi di scienze dell’alimentazione (4 ore) Cucina di Base (24 ore) Servizio di accoglienza, attività e coordinamento ai piani (14 ore) Tirocinio (50 ore): Lo stage sarà effettuato presso le strutture turistico-alberghiere del territorio della Regione Marche.Il corso si terrà presso le seguenti sedi: • Istituto di Istruzione Superiore “ S.Marta – G.Branca” di Pesaro; • Istituto di Istruzione Superiore “ A.Einstein – Alberghiero” di Loreto; • Istituto Professionale Alberghiero “ F.Buscemi “ di San Benedetto del Tronto; • Istituto Professionale di Stato per i Servizi Commerciali Turistici Alberghieri e della Ristorazione “ E. Tarantelli” di Porto Sant'Elpidio; • Istituto Professionale Statale per l'Enogastronomia e l'Ospitalità Alberghiera “G.Varnelli” di Cingoli.L’inizio del corso è previsto per il mese di Febbraio 2017 e terminerà indicativamente nel mese di Maggio 2017. Il corso è completamente gratuito.DOMANDA DI ISCRIZIONE Sarà possibile iscriversi utilizzando la modulistica disponibile all’indirizzo internet: www.pariopportunita.marche.it. Link per approfondire QUEL "SOFFITTO DI CRISTALLO" CHE NON SI È ROTTO: ANALISI DI GENERE DEL VOTO NEGLI USA E RIFLESSIONI SULL'IMPEGNO E LA PARTECIPAZIONE DELLE DONNE Proviamo a considerare in un'ottica di genere l'esito delle elezioni negli Stati Uniti , nella convinzione "positiva" che quanto avvenuto, pur tenendo conto della peculiarità del sistema elettorale americano possa in qualche modo rilanciare un pensiero comune sul valore positivo dell'impegno politico e sociale delle donne e sul loro protagonismo, oltre il dibattito sulle quote rosa. Anche se proprio su quest'ultimo punto, prendendo i dati contenuti nel rapporto "Partecipazione e rappresentanza politica delle donne a livello locale e regionale" presentato a Strasburgo l'ottobre scorso , la linea di difesa non è anacronistica, se consideriamo che l'Italia non riesce a raggiungere la quota del 40% di presenza femminile in nessun organo comunale e regionale ed è tra i Paesi con meno donne nei consigli regionali: solo il 18% nel 2015, mentre a livello Ue la percentuale era del 32%. Ma è pur vero che la riflessione sulla validità dello strumento quote ha bisogno di fare un passo avanti e va valutato quanto effettivamente l'impegno delle donne sia un riferimento, un modello, uno stimolo per altre donne , posto che sia condivisa la premessa che di per sé la presenza femminile nelle "stanze dei bottoni" delle organizzazioni sociali e politiche, ai vertici delle Istituzioni e delle aziende, sia un valore e porti valore. Proprio su questo l'esperienza di Hillary Clinton può farci riflettere. A decretare la vittoria di Trump sono stati sopratutto i maschi bianchi non laureati , compresa l'ormai famosa categoria dei "colletti blu" dell'industria in crisi che non potevano identificarsi con la candidata democratica, quindi quella parte più bassa della middle class impoverita ed arrabbiata, oltre a quell'elettorato, economicamente trasversale ma culturalmente omogeneo, che rappresenta i valori dell'uomo bianco che cerca la sua rivincita, di leader che vuole riproporre l'orizzonte americano in cui le minoranze hanno un ruolo subalterno. Per alcuni commentatori Hillary è stata associata al progetto neoliberista che ha messo in discussione gli interessi nazionali. Sanders sapeva parlare a queste persone e Hillary a un certo punto si è allontanata dalle posizioni più neoliberiste, per esempio alleandosi anche con Black lives matter; però se da un lato questi cambiamenti di posizione le hanno anche contribuito a rafforzare la sua immagine di opportunista, pronta a tutto. Agli uomini cambiare opinione è più consentito, anzi in un certo senso per il machiavellico motto, viene apprezzata la loro acutezza politica, mentre gli americani diventano meno indulgenti quando il candidato è una donna. D'altra parte non hanno aiutato Hillary nei numeri previsti gli afroamericani e gli ispanici e neanche le donne. Le donne afroamericane in realtà hanno votato in stragrande maggioranza per Hillary (solo il 4% ha votato Trump) ma, l’affluenza degli afroamericani è stata più bassa del previsto, segno che non si sentivano rappresentati da nessuno dei due candidati. In generale le frasi sessiste di Trump non hanno spostato il voto femminile nelle proporzioni che si speravano: la Clinton ha ottenuto il 54% del voto femminile contro il 42% del sessista Trump (in maggioranza donne bianche non laureate). Ho sempre pensato che per poter "sfondare il soffitto" le donne abbiano bisogno di spazio e di tempo in termini di organizzazione del lavoro, di servizi, di cultura familiare, politica e sociale. Ma non basta. E non basta essere donne per far votare le donne per una donna. Sembra quasi ovvio che sia così, forse è la dimostrazione che un certo pensiero ha fatto il suo tempo, che la divisione dell'universo in due metà non riflette più una cultura liquida anche nella visione dei generi. Forse siamo più libere e liberi in questo senso: si valuta l'impegno per valori, idee e competenze non per razza, sesso, clan, appartenenze biologiche o culturali o per orientamenti sessuali nella convinzione che solo in virtù di queste appartenenze si possa rappresentare un interesse di parte e collettivo insieme. Ci sono donne, come ci sono uomini, da cui non mi sento rappresentata per la visione del mondo che hanno. Ragionare sulle competenze può essere la chiave per uscire dal dibattito su questo "soffitto di cristallo" che si rompe a fatica o non si rompe proprio, in Italia come in America. Bene, peccato che ci sia un "ma" pesante che ci riporta al vetusto tema della parità e delle pari opportunità: l'analisi sulle competenze non è neutra e risente ancora una volta del pregiudizio culturale sul genere. Con una donna si è molto più severi, di una donna oltre le competenze si giudicano aspetto, empatia, calore nell'eloquio, coerenza biografica a partire da quando andava a scuola, scelte private e familiari; una donna viene passata al setaccio e non le si perdona quasi nulla, a meno che non sia seducente (e allora viene giudicata con una sorta di indulgenza estetica sopratutto dagli uomini) o non sia di grande levatura culturale, morale o di indubbie capacità che devono essere universalmente giudicate come fuori dalla media; la donna lo sa e sente come un peso proprio questo dover riuscire con fatica e rinunce, sopratutto se non è dotata di carisma e se non ha accanto un forte sponsor maschile, una sorta di pigmalione. La strada è stretta come sempre, tra competizione femminile e maschile, incomprensione femminile e maschile; spesso le critiche più aspre e i dubbi più insinuanti sulle donne vengono dalle donne: "Come avrà fatto?", "Ma è sposata? ha figli? Chissà come è messa la famiglia..." E via dicendo in un rosario di luoghi comuni tra malcelata invidia o ammirazione vittimistica solo apparente ("Eh certo lei... Ma io... Però vedi che lei non...). Allora niente di strano e di nuovo se a Hillary, come a tante è mancato il voto delle donne o meglio il voto delle donne non è stato abbastanza. Ecco, forse il punto è questo: comunque le donne istruite e impegnate di ogni etnia e di ogni età hanno per la maggior parte votato Hillary anche se non ne condividevano tutto il percorso politico, anche se non è empatica e affabulatrice; l'hanno misurata e l'hanno scelta. Molte ci hanno creduto e l'hanno aiutata e hanno lavorato per questo, a partire dalla first lady Michelle, solidale e trascinante per arrivare alle donne che hanno portato le proprie figlie ancora bambine al seggio, perché convinte che fosse la “giornata storica” della prima Presidente degli Stati Uniti donna e quelle che si sono recate sulle tombe delle suffragette a depositare l’adesivo “Oggi ho votato”. Guardiamo loro. Tra il 1911 e il 1912 proprio in America la femminista Rose Schneidermann, parlando alle suffragette di Cleveland coniò l'espressione "pane e rose" per rivendicare il diritto delle operaie ad avere la libertà che il lavoro può dare, e la bellezza, la cura di sé e del mondo attraverso l'esercizio della libertà, che è riappropriazione del tempo e dello spazio della creatività. "Pane e rose" Divenne lo slogan scritto sullo striscione delle operaie tessili del Massachussets nello sciopero di 9 settimane del gennaio del 1912, dove chiedevano trattamento lavorativo e salariale dignitoso e pari a quello degli uomini e divenne anche la poesia di un uomo, James Oppenhaim che, come altri hanno combattuto a fianco e con le donne, per i diritti di uomini e donne insieme; infine tornò ad essere lo slogan della lotta sindacale dei lavoratori delle imprese di pulizia degli Stati Uniti, guidati da una donna immigrata messicana, nel film di Kean Loach del 2000. Oggi, ancora "pane e rose" guardando avanti: il lavoro, l'impegno, il riconoscimento del proprio valore e della propria competenza senza pregiudizi, sempre con più spazio e tempo. Non era scontato che Hillary Clinton vincesse, anzi forse per una volta la presenza ingombrante di un uomo non l'ha aiutata e la sua eventuale vittoria non era dovuta come un risarcimento per essere rimasta al fianco del marito. Quanto avvenuto non ci invita a tornare indietro o a fermare un processo di cambiamento. Anzi il voto americano dovrebbe spingerci proprio sulla via del cambiamento. Per non lasciar prevalere la paura rabbiosa di chi vuole solo difendersi nel recinto e non ha un orizzonte, di chi si sente minacciato o respinto, va riconosciuto e sostenuto il desiderio di chi vuole migliorare per sé e per gli altri; esso è un potente motore di cambiamento. La democrazia si fonda sulla responsabilità e la partecipazione. Le organizzazioni sociali di rappresentanza, partiti, sindacati, solo con donne e uomini competenti, capaci di ascoltare e capire, possono interpretare questa richiesta per realizzare una società più giusta, più libera, più pacifica, dove la crescita e lo sviluppo abbiano il segno della solidarietà e della equità, dove non prevalgano appunto la paura, la chiusura, l'esclusione e la rabbia.  L'INTESA SULLE PENSIONI DEL 28 SETTEMBRE Con l’intesa sottoscritta tra Governo e CGIL CISL UIL il 28 settembre 2016 sono state assunte alcune importanti decisioni che migliorano l’equità del sistema previdenziale. Nessun diritto o tutela attuale viene ridotto e si rinsalda il patto intergenerazionale. L’intesa stabilisce una serie di riforme in campo previdenziale, difatti sarà possibile per le lavoratrici e per i lavoratori e di qualsiasi età:  cumulare gratuitamente i contributi versati in gestioni diverse conservando il diritto al calcolo di pensione in base alla propria anzianità contributiva e comprendere anche i periodi di riscatto laurea. Ogni gestione calcolerà quindi la pensione pro-rata con le proprie regole, ma il pensionato riceverà comunque un unico assegno pensionistico  eliminare le penalizzazioni sulla pensione anticipata per le lavoratrici e i lavoratori precoci che accedono al pensionamento anticipato prima dei 62 anni  accedere alla pensione con 41 anni di contributi, se si possono far valere almeno 12 mesi di contributi effettivi prima del diciannovesimo anno di età e se si trovano in situazione di particolare disagio, ossia privi di ammortizzatori sociali, o in condizioni di salute che determinano una disabilità oppure occupati in attività gravose  migliorare la disciplina previdenziale per lavori faticosi, pesanti usuranti..es. lavoratrici e lavoratori che svolgono lavori notturni che possano far valere una determinata permanenza nel lavoro notturno, lavoratrici e lavoratori addetti alla c.d. “linea catena”, conducenti di veicoli pesanti…..  introdurre l’anticipo pensionistico (APE) che entrerà in vigore a maggio del 2017. Permetterà alle lavoratrici e ai lavoratori di anticipare la pensione dai 63 anni in poi. Inoltre per alcune categorie che si trovano in situazione di disagio economico e sociale:  disoccupati sprovvisti di ammortizzatori sociali e di reddito, condizioni di salute che hanno determinato una disabilità (da individuare nel confronto tra Sindacati e Governo),  lavoratrici e lavoratori che svolgono lavori di cura e che assistono familiari di primo grado non conviventi con disabilità grave,  lavoratrici e lavoratori che svolgono attività gravose (rischiose o pesanti da individuare nel confronto tra Sindacati e Governo), sono previsti bonus e agevolazioni fiscali, volti a garantire una somma minima di “reddito ponte”, fino alla maturazione dei requisiti di vecchiaia, interamente a carico dello Stato per le persone con più basso reddito, ferma restando la possibilità degli interessati di chiedere una somma maggiore (APE AGEVOLATA). Accordi collettivi potranno prevedere che il datore di lavoro, anche attraverso i fondi bilaterali, possano prevedere ed effettuare una contribuzione correlata alla retribuzione percepita dalla lavoratrice o dal lavoratore che decideranno di accedere volontariamente all’APE, in modo da produrre un importo più elevato, tale da compensare gli oneri per il rimborso pensionistico ottenuto generare il “reddito ponte”, erogato fino al pensionamento di vecchiaia (APE e IMPRESE). Le lavoratrici e i lavoratori, non ricompresi nell’Ape Agevolata, possono chiedere anticipo pensionistico a 63 anni, pagando i costi relativi alle rate di rimborso per 20 anni, comprensivi di interessi bancari e assicurativi per premorienza (APE VOLONTARIA).  completare l’equiparazione della NO tax area dei pensionati al livello di quella dei lavoratori dipendenti (€ 8.125)  aumentare le pensioni più basse e la platea dei beneficiari. Somma aggiuntiva (“Quattordicesima mensilità”) per coloro che nel 2016 hanno reddito personale lordo mensile non superiore a € 750; questa sarà estesa a coloro che hanno reddito lordo mensile fino a € 1.000 attraverso il meccanismo crescente dell’anzianità contributiva. Tra le questioni che nel 2017 il Governo e i Sindacati dovranno affrontare vi saranno:  valorizzazione del lavoro di cura  favorire maggiore flessibilità nell’accesso alla pensione  adeguatezza pensioni di importo medio-basso  sviluppo della previdenza complementare. WORK-LIFE BALANCE NEL MERCATO DEL LAVORO Equilibrio tra vita privata e vita professionale in Europa, il Parlamento Europeo approva la risoluzione work-life balance nel mercato del lavoro, in data 13/09/2016, “Creazione delle condizioni del mercato del lavoro favorevoli all’equilibrio tra la vita privata e la vita professionale”. Il principio affermato dalla risoluzione è il diritto fondamentale di tutti alla conciliazione della vita professionale , privata e familiare garantita da provvedimenti legislativi e sociali; lo scopo è la promozione di un adeguato equilibrio tra i vari aspetti della vita delle persone, mediante misure disponibili ad ogni individuo, madri, padri e coloro che forniscono assistenza. Le misure da apportare devono essere principalmente volte a migliorare le condizioni di accesso delle donne al mercato del lavoro, in particolare delle donne prestatrici di assistenza e di madri single, nonché l’equa ripartizione tra donne e uomini delle responsabilità domestiche e di cura; dovrà esserci impegno nella fornitura di servizi di cura e di supporto per i bambini, per gli anziani e per le persone con disabilità, con attenzione alla qualità e sostenibilità economica. I provvedimenti, di differente tipologia, devono coprire tutto il ciclo di vita e basarsi sulla definizione di un quadro politico coerente favorito dalla contrattazione collettiva al fine di ottenere un migliore equilibrio fra la vita privata e vita professionale. Il Parlamento Europeo invita le parti sociali a presentare un accordo su un pacchetto globale di misure legislative e non legislative concernenti la conciliazione tra vita professionale, privata e familiare. Nel rispetto del principio di sussidiarietà la Commissione del Parlamento Europeo dovrà presentare per il 2017 una serie di proposte corredate da interventi legislativi basati sull’eguaglianza tra uomini e donne , in piena collaborazione con le parti sociali , anche consultando la società civile, al fine di assicurare al meglio l’equilibrio tra vita privata e vita professionale . Le persone dovranno avere la possibilità di scegliere la forma di congedo maggiormente rispondente alle diverse fasi della vita , per l’efficienza e la partecipazione all’occupazione. Viene auspicato l’estensione del congedo di paternità obbligatorio di due settimane e interamente retribuito (la recente proposta del presidente dell’Inps, Tito Boeri , non è altro che la sollecitazione già contenuta nella direttiva del Parlamento Europeo 13/09/2016) . Inoltre dovrà concretizzarsi il congedo per coloro che prestano assistenza, con opportuna flessibilità e incentivi tali da indurre anche gli uomini di fruirne. Infine, gli Stati membri indirizzano l’attenzione verso le cooperative ed ai modelli imprenditoriali alternativi che supportino la parità di genere, indicando la potenzialità del lavoro agile nell’emergente contesto digitale. La risoluzione work-life balance 13/09/2016 è stata accolta con favore dalla COFACE (Confederazione delle organizzazioni familiari nella UE); infatti, in documento rappresenta un passo importante nel rispondere alle esigenze delle famiglie e degli individui in Europa esprimendo un impegno politico del Parlamento europeo volto al sostegno delle famiglie di tutti gli Stati della UE.
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11/11/2016 Alziamo lo sguardo per costruire risposte innovative
DirittInGenere: una rubrica della Cisl Marche per porre l'attenzione sui tema della Parità, delle Pari Opportunità, delle Politiche di Genere ma non solo... Se "Sindacato" etimologicamente ci riporta all'agire "insieme" per "fare giustizia", cioè per realizzare le condizioni più eque, ci pare più che mai utile in questo tempo offrire strumenti di conoscenza e di interpretazione della realtà in movimento che possano essere d'aiuto per sostenere ma anche per ripartire. Abbiamo, quindi, strutturato la rubrica come un "passaparola" di notizie importanti in campo legislativo, sindacale, economico, politico, culturale che possano sostenere l'azione di contrattazione sindacale e comunque fornire informazioni utili alle lavoratrici e ai lavoratori, alle cittadine e ai cittadini. Riteniamo sia utile uscire dalla logica delle "categorie" protette, nel senso che tutti possiamo essere vulnerabili ed esposti in alcuni passaggi della nostra vita e temi come conciliazione, parità retributiva, lavoro dignitoso, rispetto della persona e rispetto di genere, discriminazione e disuguaglianza, molestie e violenze, bullismo e cyberbullismo riguardano tutti; per questo riflettere insieme su alcune tematiche ci permette di non "mollare la presa" sul fronte dei diritti e al contempo di "alzare lo sguardo" per costruire insieme risposte anche innovative che realizzino quelle condizioni di equità ed equilibrio per un reale progresso sociale che è l'orizzonte del Sindacato.
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