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Favorire il part-time pubblico nelle Marche: la sfida della Cisl Mentre l’Italia, con i decreti Brunetta e anticrisi, fa giganteschi passi indietro sul fronte delle pari opportunità, la Cisl tenta un’inversione di rotta nel settore sanitario della nostra regione, chiedendo un confronto con la Giunta e l’Asur. Da diritto della lavoratrice a concessione delle Pubbliche Amministrazioni: passare dal tempo pieno al part time, per le donne italiane inserite nel pubblico impiego, sarà sempre più difficile e sempre più legato alla discrezionalità del datore di lavoro. Un gigantesco passo indietro sul fronte delle pari opportunità - proprio mentre l’America di Obama mette in campo una dietro l’altra misure al femminile - dovuto all’entrata in vigore  di alcuni recenti interventi legislativi: il decreto Brunetta e il decreto anti-crisi. La denuncia viene dalla Cisl Marche, nella persona del responsabile per le politiche sociali, il segretario regionale Mario Canale, che manifesta lo sconcerto per misure che vanno a penalizzare la condizione di lavoro femminile nel nostro Paese, e ribadisce l’impegno del sindacato a tentare, almeno per le Marche, un’inversione di rotta: “La Cisl è indignata – dice Canale - lo strumento del potere discrezionale non può essere lasciato in mano soltanto alla dirigenza e non deve essere un “favore” che può o non può essere concesso. Deve essere invece un’opportunità per molti lavoratori del comparto sanità o di altri comparti che sono in difficoltà nel conciliare lavoro-famiglia, anche per le note carenze dei servizi sociali marchigiani. In quest’ottica la Cisl Marche ha deciso di prendersi a cuore il tema del part-time  nella Sanità e chiede di aprire un tavolo di confronto con la Giunta e l’ASUR per trovare una soluzione condivisa: sarebbe un segnale importante per dimostrare che nelle Marche sulle pari opportunità  sappiamo cambiare veramente rotta”. Dunque un trend che non favorisce le donne benché in Italia da anni tutti i politici abbiano sbandierato ai quattro venti l’impegno per mettere in campo politiche forti di pari opportunità. “Fatto che certo non accade – continua Canale - con il decreto Brunetta che ha apportato modifiche alle modalità di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale nel pubblico impiego: prima era un diritto della lavoratrice, ora è una facoltà alle Amministrazioni pubbliche. Una esigenza essenziale soprattutto delle lavoratrici madri o per chi deve accudire ai propri familiari è in mano alla discrezionalità dell’Ente o dell’Azienda. E se in teoria le zone territoriali sanitarie potrebbero arrivare ad avere una percentuale di dipendenti part time pari al 25% del totale, dall’entrata in vigore della nuova legge nessuna richiesta è stata accolta”. E senza considerare le ricadute dell’innalzamento dell’età pensionabile delle donne del pubblico impiego: non serve se contemporaneamente non si mettono in campo norme, leggi, servizi, orari di lavoro, sistemi fiscali e previdenziali per sostenere il lavoro familiare e favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro: questo ci insegnano importanti esperienze europee”. Ancona, 1 agosto 2009