La Festa del 25 Aprile unisce all’elemento simbolico della data di Liberazione, saldamente agganciato al senso d’identità nazionale, la riflessione, sempre attuale, sui valori universali della libertà, della democrazia e della pace.
Ci apprestiamo a festeggiarla in un quadro molto controverso.
Da un lato, pur con le attenzioni e la prudenza che la situazione pandemica ancora richiede, ci stiamo riappropriando di margini di movimento che, sul piano personale e quello comunitario, per due anni il Covid-19 aveva ridotto. Ed è bene ricordare che questo si deve alla fondamentale funzione protettiva assicurata dai vaccini.
Dall’altro la proditoria, ingiustificabile aggressione dell’Ucraina da parte della Russia, ha creato sgomento sul piano umanitario e amplificato, a dismisura, le preoccupazioni sul futuro prossimo dell’Italia, dell’Europa, del mondo intero.
Per dare il giusto rilievo al 25 Aprile dovremmo innanzitutto fare memoria, onorando il sacrificio e l’impegno di tutti quelli che concorsero a liberare il nostro Paese dalle catene della dittatura fascista, riavviandolo ai percorsi democratici. Senza queste straordinarie persone niente di quello che abbiamo conosciuto fino ad oggi, in termini di diritti sociali, civili e politici, sarebbe stato possibile.
E poi riflettere sui tanti insegnamenti che sono emersi nei quasi ottant’anni seguiti da allora.
Libertà, democrazia e pace sono condizioni mai conseguite una volta per tutte e hanno bisogno d’incorporare giustizia.
Richiedono impegno costante, perseveranza e caparbietà nel fare del rispetto della dignità della persona l’architrave della convivenza civile e della lotta alle disuguaglianze il fulcro delle politiche.
Se, per ragioni strettamente economiche, si chiudono gli occhi su atteggiamenti illiberali, antidemocratici, prevaricatori, evidenti in altre parti del mondo, prima o poi, si pagherà dazio.
L’atroce dilemma su come combinare l’anelito di pace con il diritto delle persone e di un popolo a difendere la propria libertà non deve mai portare a confondere la condizione di aggressore con quella di aggredito, le ragioni dell’oppressore con quelle dell’oppresso.
E scegliere senza indugio, sempre, in ogni circostanza, ad ogni latitudine, come oggi con gli ucraini, di stare dalla parte dei secondi. W il 25 aprile.
Sauro Rossi
Segretario Generale Cisl Marche