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  • I lavoratori bancari in sciopero giovedì 31 ottobre

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Giovedì 31 ottobre in Italia sarà davvero un’impresa trovare una Banca aperta. E’ infatti prevista per quella giornata lo sciopero nazionale generale di tutti i Dipendenti del credito contro la disdetta del CCNL formalizzata dall’ABI il 16 settembre u. s., con un’alta previsione di partecipazione.

Come non bastasse, la disdetta del CCNL, che andava a scadenza il prossimo 30 giugno 2014, è stato preceduto dalla disdetta - ancora unilaterale - da parte dell’ABI dell’Accordo Quadro Nazionale in materia di Responsabili dei Lavoratori per la Sicurezza, la cui funzione è quella di vigilare e garantire il rispetto sui posti di lavoro degli standard minimi previsti dalla legge su quella materia.

Inoltre, non è stato possibile - almeno al momento - procedere all’adeguamento del Fondo di Sostegno al Reddito per il Personale in esodo, previsto dalla Legge Fornero, la Legge 92 del 2012, i cui termini di attuazione scadono, salvo proroghe di cui al momento non si hanno certezze, proprio a fine ottobre.

Con la conseguenza, davvero grave ed inquietante, che i ca 300.000 occupati del credito rischiano di rimanere senza l’ammortizzatore sociale tipico del settore, ammortizzatore sociale che - ci preme sottolineare - è a costo zero per le finanze pubbliche e la cui applicazione ha consentito negli anni di accompagnare uscite anticipate dai posti di lavoro per i processo di riorganizzazione aziendale sia per ricambi generazionali senza ricadute negative, in termini reddituali in attesa di percepire l’assegno di pensione, per tutti coloro che hanno lasciato il posto di lavoro.

Si è in presenza di una scelta molto grave da parte dell’Associazione datoriale che ha innovato o meglio spazzato via - con una protervia davvero molto preoccupante - una consolidata prassi che prevedeva la disdetta contestuale delle parti sociali del Contratto in scadenza nei tempi previsti dallo stesso CCNL ( cioè entro i sei mesi antecedenti la scadenza naturale ), e così ha cancellato decenni di relazioni industriali che si erano sviluppate nel solco della concertazione.

Il grave atto unilaterale dell’Assobancaria è stato motivato da Palazzo Altieri dalle difficoltà incontrate nell’ultimo periodo dalle aziende di credito di chiudere i bilanci con risultati positivi a causa - a detta dell’ABI - dell’alto costo del lavoro, della crisi economica, della pretesa / presunta inadeguatezza del Personale alle mutate esigenze del settore, del regime fiscale che grava sulle Banche del bel Paese, dall’eccesiva numerosità degli sportelli ( 32.875 al 31/12/2012), dell’elevato numero degli occupati attuali che, stando sempre all’ABI, dovrebbero essere ridotti sensibilmente di una quantità fra i 30 ed i 40mila addetti, con le relative ricadute in termini sociali.

E ‘ anche opportuno precisare che l’agglomerato bancario, nel nostro Paese, è articolato dal 2011 ( 77 Gruppi bancari e 740 aziende di credito ) al 2012 ( 75 Gruppi bancari e 706 aziende di credito), con un  decremento anno su anno di n. 2 Gruppi bancari e 34 aziende.

Per fare chiarezza sulla situazione, dobbiamo richiamare l’attenzione su preoccupanti incoerenze nelle motivazioni che sono alla base della scelta dell’ABI.

Ogni qualvolta l’Assobancaria lamenta la non più sostenibilità dei livelli del costo del lavoro, con una disinvoltura sconcertante quanto colpevole, dimentica la pesante incidenza sul monte salari di riferimento dei compensi corrisposti ai vertici dei Gruppi e delle Aziende ( Presidenti, CEO, A: D., Direttori Generali e via dicendo ).

L’ultimo esempio, il più eclatante di questi tempi, è il trattamento corrisposto all’ex CEO di Intesa Sanpaolo, Enrico Cucchiani, che è stato “accompagnato” fuori dal Gruppo con una complessiva erogazione di 7 mlndi euro, la cui entità ha provocato un’interrogazione scritta al Ministro della Economia che, nella risposta scritta, ha comunicato che “la situazione è stata attenzionata alla Vigilanza Banca d’Italia per le verifiche del caso”.

Intanto, però, il costo del lavoro in quel Gruppo è cresciuto e non di poco.

Si consideri infine che il rapporto fra costo del lavoro medio di un Dipendente del credito rispetto alla media delle remunerazioni dei vertici delle aziende si attesta attorno ad un valore 1/250, toccando il picco assoluto nel Gruppo Intesa Sanpaolo 1/400.

Cioè a dire che con la retribuzione di un manager ( valore medio di sistema) si possono retribuire 250 Dipendenti, rapporto che schizza in alto nel Gruppo Intesa Sanpaolo dove il compenso del solo CEO equivale al costo medio di 400 Dipendenti.

Va segnalato anche il rapporto che esiste nel sistema bancario fra costi del Personale e rettifiche sui crediti la cui misura è pari al 92,3%, rapporto che scende al 91,7% se si esaminano solamente i dati dei grandi Gruppi.

E’ veramente inaccettabile il tentativo dell’ABI si scaricare la responsabilità della cattiva gestione delle aziende di credito sui Dipendenti, facendo salvi coloro che in realtà determinano le politiche del credito, cioè i manager.

Non sono stati certamente i direttori di filiale, i consulenti, i cassieri ( per citare solamente alcune delle figure più ricorrenti nel panorama degli inquadramenti ) a realizzare l’esplosione dei crediti problematici, degli incagli, delle sofferenze, a deliberare la “facile” concessione di crediti senza le necessarie garanzie a clienti quali, a mero titolo di  esempio, Ligresti, Zaleski, Tassara, e via dicendo.

Ebbene, proprio coloro che hanno governato il sistema bancario, presentano oggi un quadro assai preoccupante in termini di risultati di bilancio, per il presente ma ancora di più per il futuro, non hanno avvertito minimamente la responsabilità ovvero la necessità di rassegnare le dimissioni contestualmente alla disdetta del CCNL, quale segnale forte di assunzione di responsabilità per la mala gestio realizzata in tutti questi anni.

E più semplicisticamente tentano di addossare le proprie responsabilità, le incapacità gestionali e manageriali ( purtuttavia sempre ben più che generosamente remunerate ) sui Lavoratori, sul Sindacato, sulla crisi sistemica, su tutti insomma, salvo che su se stessi.

Non contenta delle scelte preoccupanti fatte di recente ( disdetta dell’Accordo Quadro sugli RLS, mancato adeguamento del Fondo di Sostegno alla Legge Fornero ) culminate con la disdetta anticipata di ben 10 mesi del CCNL, l’ABI - con un corposo elaborato di una trentina di pagine - ha anche delineato il futuro scenario del CCNL, soprattutto sul fronte  normativo.

Dall’introduzione di flessibilità di ruolo pressocchè assoluta, dove ogni Dipendente può essere utilizzato in qualsiasi mansione, alla deregolamentazione della normativa che tutela i trasferimenti sul piano territoriale ( la c. d. mobilità ), ad una “revisione” ( che con maggiore correttezza può essere definita cancellazione ) degli attuali ruoli / inquadramenti per accentuarne la gestione ad insindacabile giudizio dell’azienda, ed altro ancora.

Peccato che costoro, cioè i presunti amministratori di azienda, dimentichino la mancata formazione del personale ( con frequenza crescente realizzata on - line, eccetto quei  pochi corsi finanziati, con i Fondi europei, tramite FBA ), ignorando anche le previsioni del CCNL.

Insomma, un’autentica deregolamentazione totale, lasciando campo libero alla discrezionalità gestionale delle aziende e, considerato come le hanno ridotte, non c’è che da preoccuparsi - e molto - del futuro dei Lavoratori qualora questo disegno scellerato giungesse a compimento.

Con buona pace per i c. d. “!bilanci sociali” di cui menano vanto, e non se ne capiscono davvero le ragioni !

Queste scelte politiche, che l’ABI continua a giustificare con il mutare dello scenario nazionale ed internazionale, con il preteso variare delle esigenze della clientela, con la esigenza del ritorno agli utili del sistema, a parere di queste OO. SS. riteniamo invece che puntino a cancellare l’impianto del CCNL, autentica e irrinunciabile rete di protezione per tutti i Lavoratori del settore del  credito, sostituendolo con Contratti Collettivi Aziendali le cui caratteristiche sarebbero attagliate alle specificità aziendali e non già alla generalità del sistema.

Obiettivo che il Sindacato nel suo complesso non può condividere e neppure accettare.

Comunque, un primo risultato l’ABI lo ha centrato: è riuscita a compattare tutte le OO. SS. del settore ( quelle unitarie cioè Dircredito, Fabi, Fiba/Cisl, Fisac/Cgil, Sinfub, UglCredito, UILCA ) con Unità Sindacale Silcea Falcri, tutte unite nel contrastare il disegno datoriale.

Ecco perchè lo sciopero del 31 ottobre avrà una grande valenza, anche sul piano delle politiche sindacali in genere, in quanto si aprirà - solo per la volontà datoriale e non già sindacale - una stagione di lotta ( che purtroppo rischia di diventare lunga e di non semplice risoluzione quante volte l’ABI non modifichi radicalmente le proprie posizioni ), in quanto siamo convinti che il Personale del credito lotterà ( valutando nel prosieguo della vertenza anche forme diverse dal tradizionale sciopero ),

  •  contro una politica di tagli all’occupazione
  • contro l’attacco al salario, ai diritti e alla professionalità delle Lavoratrici e dei Lavoratori bancari
  • per una diversa politica del credito, soprattutto a favore delle famiglie, delle Piccole e medie imprese e a favore della crescita del Paese.
Infine, ci sia consentita una precisazione: troppo spesso la pubblica opinione è indotta ad identificare il dipendente di Banca con la Banca e confonde il bancario con il banchiere.

Non è così, non lo è stato mai e mai lo sarà, finchè non si introdurrà - per patto sindacale o volontà legislativa - una reale partecipazione del Personale alla sana ed oculata gestione del bene comune, cioè del credito, volàno dell’economia.

Ancona, 29 ottobre 2013