Allarmano e preoccupano le notizie delle difficoltà che in questi giorni si sono vissuti in alcuni reparti dell’Ospedale di Urbino. Notizie, che se da una parte denotano ed evidenziano i disagi causati ai pazienti, dall’altra penalizzano gli sforzi che il personale compie quotidianamente per rendere efficace e credibile una sanità pubblica, fortemente penalizzata dalla riforma regionale.
L’ospedale di Urbino è l’emblema evidente di come una riorganizzazione sbagliata e lasciata a metà, non compiuta negli aspetti essenziali e fondamentali del rinnovamento, ha portato una realtà di eccellenza a diventare il coagulo di emergenze su cui si scaricano le inadeguatezze delle strutture di rete.
La trasformazione dei nosocomi di Cagli, Sassocorvaro e Pergola, da ospedali di polo in quelli di comunità, a causa di tagli indiscriminati di posti letto, chiusure di reparti, e altro, ha indebolito fortemente quello di Urbino che non è più in grado di sostenere da solo la mole delle emergenze di tutto il territorio.
Questo è il vero problema che andrebbe evidenziato; la destrutturazione ormai evidente del sistema sanitario pubblico in favore di una sanità privata convenzionata che non migliora la funzionalità di sistema. Tutti gli effetti negativi della riforma si sono scaricati sull’Ospedale di Urbino, non più centro di eccellenza e fulcro di una rete pubblica fatta di ospedali di polo rispondenti alle necessità del territorio.
Le difficoltà di questi giorni, difatti, riportano alla memoria le stesse registrate la scorsa estate, quando il personale, con grande spirito di sacrificio, ha dovuto fronteggiare l’esiguità dei dipendenti disponibili con conseguenti lamentele da parte dell’utenza.
La Cisl di Urbino sollecita la Regione Marche ed il suo Presidente/Assessore a porre finalmente rimedio alla grande iniquità che una riforma mal progettata e realizzata ha determinato per tutto il territorio dell’entroterra pesarese, urbinate e del Montefeltro.
Non è più sostenibile, specie dopo un espressione di voto di protesta così caratterizzato da parte dei cittadini in occasione dell’ultima tornata elettorale, far finta che tutto procede nella normalità, che la riorganizzazione produce i suoi effetti migliori, mentre l’inclemenza del clima delle ultime settimane porta quasi al collasso ciò che della sanità pubblica rimane.