Tra i Santi sociali, così chiamati per le importanti opere in favore dei poveri e dei diseredati (hanno operato particolarmente in Piemonte e a Torino tra “800 e “900) spicca la figura di San Giovanni Bosco (1815-1888).
Don Bosco, ha fondato i Salesiani, che con i loro centri (case) diffusi, hanno dato e danno un contributo efficace e direi fondamentale, nella formazione professionale di migliaia di giovani. Per lo più provenienti da famiglie disagiate.
Quello a fianco è il testo dal manoscritto originale, del primo contratto di apprendistato firmato da Don Bosco, oltre centocinquanta anni fa, agli inizi dell’industrializzazione italiana.
In quegli anni l’impegno di Don Bosco, era rivolto lenire gli effetti della povertà e dell’emarginazione diffuse nelle grandi città.
Salvava i suoi ragazzi dalla strada, chiamandoli con sé, a vivere l’esperienza del riscatto e della speranza, attraverso il lavoro e la preghiera, nella nascente comunità salesiana di Valdocco, allora alle porte di Torino.
Leggendo il testo non possiamo che essere presi da una tenerezza indicibile, per il modo in cui è scritto, per l ’amore e la fiducia verso i giovanissimi lavoratori e infine, per la raffinata e anticipatoria capacità negoziale che esprime. C’è molto da imparare ancora oggi.
Oggi che il lavoro si fa sempre più marginale e le imprese abdicano alla loro funzione sociale, trasformate in una merce qualsiasi, da vendere al momento opportuno, nella logica imperante del capitalismo finanziario. I licenziamenti? La cassa integrazione? Le famiglie sul lastrico? Ma cosa volete che contino. Non sono che insignificanti “danni collaterali”, come nel titolo di uno degli ultimi libri di Zygmunt Bauman.
Chi dice che questo è il prezzo della modernità non dice la verità. La storia è piena di crisi buie che sono state superate con l’impegno di uomini profetici che hanno saputo trovare vie nuove e nuove ragioni di vita.
Come non pensare a Benedetto da Norcia (San Benedetto). Nel disorientamento generale della grande crisi successiva alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente, con la Regola (Ora et Labora) ha innalzato il lavoro e la fatica umana a forma di preghiera, dando, di fatto, inizio all’economia civile, la prima forma di mercato inclusivo, aperto ai bisognosi, che sarebbe diventato il motore di sviluppo dell’intero occidente.
Bisogna ricreare questa cultura e questo rispetto per il lavoro.
Ha scritto Carlo Lottieri: “Quello che bisogna restaurare, soprattutto prestando attenzione al futuro dei giovani, è il diritto di ognuno a lavorare, intraprendere, costruirsi un futuro. Quando in una società le bardature corporative sbarrano la strada di accesso a questa o quell’attività [….] quello che muore è il diritto stesso. E la persona viene privata della libertà di guadagnarsi onestamente da vivere”.
Ha detto Sant’Ambrogio: “Ciascun lavoratore è la mano di Cristo che continua a creare e a fare del bene». Questa è la vera redenzione di cui ha bisogno la nostra società.
Gianluigi Storti