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  • Rischio licenziamenti alla Corghi di Mondolfo, aperto lo stato di agitazione sindacale

images (4)Stato di agitazione sindacale nel sito produttivo  di  Mondolfo della Corghi S.p.A,  leader mondiale nella produzione di attrezzature per gommisti e autofficine, indetto dai sindacati di categoria, insieme ai lavoratori, dopo l'annuncio da parte dell'azienda dell' apertura di un’ulteriore procedura di mobilità, la terza negli ultimi tre anni.  Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm Uil  sul piede di guerra anche per i  problemi, espressi dall'azienda, rispetto alla sostenibilità di alcune produzioni dello stabilimento di Mondolfo e alle difficoltà  relative alla necessità di commercializzare i prodotti di bassa gamma. Forti le preoccupazioni anche per l'imminente apertura di uno stabilimento in Croazia.

«Abbiamo il timore che a piccoli pezzi, venga “smantellato” il sito produttivo di Mondolfo dove lavorano  ben  85 dipendenti.  – afferma  Mauro Masci, Fim Cisl MarcheSospettiamo che l’azienda voglia esportare la produzione nei paesi esteri dove già esistono siti produttivi del gruppo (Croazia, Cina). – continua Masci – Domani mattina incontreremo l’azienda, se non dovessero emergere novità positive proseguiremo la nostra protesta con ulteriori iniziative sindacali. »

 La Corghi S.p.A, del Gruppo Nexion, è  leader sul mercato italiano e mondiale, nel settore degli equipaggiamenti per l'assistenza ai veicoli, con stabilimenti in Italia, in Emilia Romagna, Toscana e Marche, occupando circa 700 addetti e all’estero con sei siti produttivi (uno in Cina) e cinque filiali dirette (Germania, Spagna, Francia, Stati Uniti, Cina) e uno in apertura in Croazia.  Distribuisce i prodotti in più di 120 paesi in tutto il mondo con una quota export pari all’80% del fatturato.

  «Questa politica aziendale  di tagli aveva già investito nel 2014 lo stabilimento di Correggio  (25 dipendenti) – ricorda Mascie aveva interessato alcuni  dipendenti anche a Mondolfo. Ora siamo molto preoccupati per il futuro dei lavoratori e delle loro famiglie. Temiamo che per applicare le cosiddette  economie di scala si vada verso un’ esternalizzazione – conclude Masci – che  metterebbe a rischio un patrimonio fatto di persone, professionalità e dedizione al lavoro. E questo non lo possiamo accettare.»