La grande Crisi ha materializzato i guasti di una finanza speculativa che ha reso suddita la politica e di un modello socio-culturale del successo ad ogni costo e del vivere sopra le possibilità, mortificando qualità e produttività ottenute con lavoro, impegno, talento. Se da noi risparmio familiare, articolazione del sistema bancario, e alcune misure sugli ammortizzatori hanno attutito l’impatto crisi, per guardare avanti è necessario assumere la nostra mutata collocazione nell’economia mondiale, stimolare innovazione in tutti i campi, non accapigliarsi in dispute in cui tutti esprimono il peggio di vecchi approcci ideologici, ma valorizzare le buone prassi. Ad esempio in questi mesi sono stati rinnovati tanti contratti nazionali per milioni di lavoratori, senza ritardi nè ore di sciopero, secondo il sistema contrattuale concordato da tutte le organizzazioni sociali tranne la Cgil, con la firma, tranne che per i metalmeccanici, di tutti i sindacati. Si stanno facendo accordi aziendali innovativi, si collabora tra sindacati e imprese sulla realizzazione di attività formative per i lavoratori, esistono servizi offerti a lavoratori e imprenditori da enti bilaterali costruiti dalle parti sociali. Queste innovazioni contrattuali e sociali non escludono che si faccia sciopero quando necessario per tutelare il lavoro, né che ci siano vertenze tra sindacato e imprese davanti ad un giudice. Il conflitto sociale resta uno strumento utile, ma va sottratto a logiche di schieramento ideologico, incompatibili con la tutela del lavoro. In questo periodo ci sono state importanti intese tra istituzioni locali e sindacati per sostenere le persone più colpite dalla crisi, come con la Regione Marche e molti comuni. Si sono realizzati migliaia di accordi tra imprese e sindacati per tutelare dove possibile il lavoro, con sacrifici, ma anche con soluzioni innovative. Se vogliamo guardare avanti servono accordi in cui alle imprese che investono in tecnologia, marketing, occupazione e formazione, siano garantite le necessarie flessibilità nell’uso degli impianti e negli orari, e ai lavoratori la possibilità di poter partecipare al raggiungimento di obiettivi concordati ottenendone salario aggiuntivo, unitamente a regole che limitino i comportamenti negligenti o strumentali di ambo le parti. Ma servono anche un Governo e in generale un sistema politico più attenti alle questioni socio-economiche e meno a beghe di partiti e coalizioni, che sappiano fare scelte per la ricerca e l’innovazione tecnologica, la crescita dimensionale delle imprese, gli investimenti in capitale umano, specie sui giovani. Serve una discussione urgente tra maggioranza, opposizione e parti sociali su una riforma del fisco che dia fiato alle famiglie, sostenga le imprese che investono, colpisca senza sconti gli evasori, aumenti il prelievo sulle rendite finanziarie. Serve discutere di come allocare al meglio le risorse pubbliche calanti, aggredire sprechi ed inefficienze,combattere corruzione e malcostume, razionalizzare i nostri livelli amministrativi istituzionali, aumentare la partecipazione sociale,dare supporto a cittadini e famiglie che devono affrontare situazioni crescenti di disagio e fragilità.…In una frase, serve uscire dal clima di decadenza e sfilacciamento che si respira nel nostro paese, capace invece in passato di mobilitare grandi energie collettive per obiettivi condivisi. Il caso della Germania che, un po’ egoista in sede europea, ha affrontato meglio di altri la crisi, è legato certo a una migliore finanza pubblica, ma anche ad un ceto politico che negli ultimi anni, con governi di colore diverso, ha chiesto sacrifici e modifiche sul welfare ma ha speso soldi pubblici in ricerca e formazione e favorito investimenti privati; di una classe imprenditoriale che in gran parte non ha rinunciato ad investire e ha dialogato con il sindacato; di un sindacato che ha accettato moderazione salariale e inasprimenti sulle pensioni, perché aumentasse l’occupazione e si rafforzasse il sistema produttivo. Un nuovo Patto è ineludibile nel nostro paese, e va realizzato a breve col concorso di tutti coloro che, con responsabilità e passione, vogliono dare un contributo alla prospettiva indicata dal Presidente Napolitano nel discorso di inizio anno “dalla crisi, se affrontata come prova e occasione per aprire al paese nuove prospettive di sviluppo, facendo i conti con insufficienze e problemi che ci portiamo dietro, possiamo uscirne con un’Italia più giusta… è l’impegno che dobbiamo assumere insieme noi italiani.”