«L'Italia rischia di perdere una importante filiera industriale e l'Eni la sua caratteristica di azienda di “sistema”, pensata da Enrico Mattei per garantire l'insieme del ciclo produttivo, dall'estrazione al consumo. La chimica dell'Eni non può essere venduta a chicchessia: rimanga italiana, per il bene del Paese. Intervenga il Fondo strategico della Cassa Depositi e Prestiti»; è l'allarme e, allo stesso tempo, la proposta lanciata oggi dai segretari generali di Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil, Emilio Miceli, Angelo Colombini, Paolo Pirani all'assemblea unitaria di tutti i delegati del Gruppo Eni a Roma. Una presa di posizione questa che ha visto convinti diversi esponenti delle Regioni e dei Comuni interessati, presenti all'assise dei sindacati, così come nei giorni scorsi si erano già espressi numerosi parlamentari.
Ma è l'intera strategia di Eni a non convincere affatto i sindacati: «Il disegno del Gruppo – polemizzano i leader sindacali - resta sostanzialmente quello prospettato nel 2015: consolidare ed estendere le proprie attività di “core business” fuori dall'Italia ridimensionando il perimetro delle attività domestiche, a partire dalla dismissione della chimica e di Gela, dalla progressiva riduzione della capacità di raffinazione, alla cessione di Saipem e Gas&Power, veri e propri gioielli dell'industria italiana. In questo modo Eni presenta interamente il conto della caduta del prezzo del greggio solo al proprio Paese”. “Avvertiamo – insistono – una sottovalutazione politica, quando non superficialità, dell'impatto delle decisioni Eni sul Paese».
Sono più di sessant'anni, dal 1953, che Eni rappresenta un patrimonio di capacità industriale ed economica, di competenze professionali, di conoscenze tecnologiche innovative nei processi produttivi, oltre ad essere portatore di grandi responsabilità nel recupero di compatibilità ambientali che questo paese non può assolutamente permettersi di perdere: «Tutto questo – insistono convinti i sindacalisti – non può essere delegato a soggetti diversi dalla gestione pubblica». Si provocherebbe un “corto circuito” per l'occupazione, l'innovazione, la ricerca, nei siti e nei territori in cui oggi esiste una presenza industriale consolidata di Eni in Italia, a cominciare proprio da quel ruolo fondamentale che nel prossimo futuro avrà la transizione verso la “chimica verde”.
«Tutte buone ragioni per continuare – concludono Miceli, Colombini, Pirani – con la mobilitazione: per questo abbiamo proclamato un nuovo sciopero generale di 8 ore in tutto il Gruppo Eni per il prossimo 19 febbraio con manifestazione nazionale a Roma, in piazza S.S. Apostoli (dalle ore 10,00). Il divorzio dell'Eni dalla politica industriale del nostro Paese è inaccettabile».
«L'importanza che riveste la Saipem nel territorio marchigiano - sottolinea Piero Francia, segretario generale Femca Cisl Marche - spinge tutta la Femca regionale ad intraprendere un percorso volto a rilanciare il ruolo di SAIPEM nel mercato energetico e infrastrutturale, a salvaguardia dell'alta professionalità dei dipendenti che rappresentiamo».