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  • Ex ospedale psichiatrico di Pesaro: per Cisl e Cgil può diventare un incubatore di start up

 

Cisl e Cgil di Pesaro rilanciano il tema del futuro dell'ex ospedale psichiatrico San Bendetto di Pesaro, una struttura che anche recentemente è tornata al centro della cronaca per lo stato di incuria in cui versa e per i crolli sempre più frequenti.

Le due sigle sindacali ritengono che l'argomento debba diventare centrale per le istituzioni, a partire dalla proprietà, ovvero la Regione Marche che non può più permettersi di abbandonare al suo destino una struttura così importante, anche del punto di vista finanziario, così come il Comune di Pesaro non può permettersi una struttura così rilevante al centro della città che crolla a poco a poco e che non viene utilizzata e finalizzata per la crescita e il benessere della collettività. 

Nel documento di programmazione “Pesaro 2030” definisce il San Benedetto solo un “grande contenitore urbano” a cui va individuato un uso compatibile con la città e sostenibile economicamente: Cisl e Cgil, nell’audizione del 27 aprile 2018, avevano già indicato come strada il coinvolgimento della proprietà e il lancio di un concorso di idee al fine di riconvertire la struttura.

«Nel nostro documento che abbiamo inviato ai candidati a Sindaco nella recente tornata elettorale, riprendendo proprio quanto già osservato al documento Pesaro 2030, abbiamo ribadito questo concetto ed affermato inoltre che tra le tante esigenze della città, quella di spazi da utilizzare per sviluppare incubatori pubblico, pubblico/privati per start up come, prioritaria - dichiarano Maurizio Andreolini, Responsabile Cisl Pesaro -. In quest’ottica riteniamo che possa e debba essere coinvolto il mondo universitario, tecnico e scientifico affinché l’incubatore diventi una grande opportunità di sviluppo sia per l’accademia che per il territorio, generando risorse ed occupazione». 

Diverso è invece il discorso del decentramento dell’Università di Urbino al San Benedetto. In tale ipotesi Cisl e Cgil evidenziano due rilevanti criticità. La prima riguarda il rischio di depotenziamento della sede stessa di Urbino e con essa di tutto quel territorio interno già in affanno; la seconda è invece legata ai rilevanti costi e alla relativa difficoltà di individuare soggetti che possano sostenerli nel tempo. 

Indubbiamente, il primo passo è quello di coinvolgere la proprietà sia nella gestione quotidiana della manutenzione ed evitare così altri crolli, ma con altrettanta urgenza è importante definire con la città un percorso che porti nel più breve tempo possibile al recupero dell’intero complesso.

«La speranza - prosegue Andreolini - è che il Presidente Ceriscioli, i cui trascorsi amministrativi non possono che aiutarlo, faccia di tutto affinché questo nodo possa essere al più presto sciolto. Ci auguriamo che il metodo partecipativo diventi il fulcro della programmazione che possa portare sia all’individuazione del futuro utilizzo che allo sviluppo di nuove opportunità per la comunità».