La Cisl di Fano esprime forte contrarietà dopo l’annuncio della realizzazione della clinica privata a Fano e la nuova organizzazione della AOORMN sull’ospedale della città in considerazione anche di quanto già previsto per gli ospedali di Cagli e Sassocorvaro già privatizzati. Questo disappunto è soprattutto generato dal fatto che la sanità privata non è sempre fonte di efficienza, appropriatezza, economicità, e qualche volta non risponde neanche alle esigenze del territorio. Si è impoverita negli anni l’offerta sanitaria pubblica da parte della Regione, dimostrando anche poca trasparenza e riluttanza nel fornire dati oggettivi sul costo del personale, nè di dare la disponibilità a valutare attraverso un confronto le vere necessità della popolazione di Fano e dell’entroterra dell’Area Vasta 1.
Tenendo presente anche l’enorme mobilità passiva che grava sulla Regione, ma in modo particolare nella provincia, riteniamo del tutto insufficiente il modello organizzativo attuale. La soluzione di tutte le criticità non può passare attraverso l’ulteriore impoverimento dell’ospedale.
«Quale funzionalità avrà il pronto soccorso? - chiede Giovanni Giovanelli, responsabile della Cisl di Fano - Ci sembra di capire che l’unico reparto che rimarrà nel presidio sarà la chirurgia d’urgenza che è una risposta limitata alle esigenze della città. Occorre potenziare i servizi nel territorio rafforzando la prevenzione e la diagnostica, vero tallone d’Achille della sanità territoriale per quanto riguarda la mobilità passiva e le liste d’attesa».
Per Giovanelli, «Nessuno tiene conto dell’invecchiamento e dell’alta percentuale di popolazione anziana la quale ha bisogno di una sistema sanitario ben diverso dalla semplice ospedalizzazione della sanità. Quante risorse per i servizi sanitari territoriali per gli anziani? Quale modello di prevenzione e di cura pe le malattie della terza età? Dove sono finite le case della salute?».
Altre scelte, non meno discutibili, riguardano l’ospedale di Cagli e Sassocorvaro che offrivano una risposta assistenziale sulla post-acuzie, nei servizi di supporto e negli ambulatori specialistici. Queste strutture vengono riconvertite in ospedali di comunità, senza posti letto del servizio sanitario nazionale, dati in gestione al privato convenzionato e ultimamente gli vengono riconosciuti di nuovo posti letto di lunga degenza.
«Una riflessione è opportuna - conclude Giovanelli -. Accogliamo con estrema soddisfazione questa nuova offerta sanitaria più appropriata per queste zone dell’entroterra, ma il tutto era già nella disponibilità dei due ospedali pubblici gestiti dalla Regione. Non riusciamo proprio a capire questa organizzazione che mira a risolvere i seri problemi sanitari dell’Area Vasta 1 e della Regione derogando al privato convenzionato una fetta importante di sanità senza una visione complessiva di sistema salute condiviso con il territorio».