Gli ostacoli della Seconda Generazione di immigrati
di Siham Fissah (ANOLF CISL)
La questione della seconda generazione di figli di immigrati per molti può essere banale ma penso che solo chi la vive in prima persona e chi ne ha a che fare la percepisce e la capisce facendola propria.
Il termine “seconda generazione” viene usato dai sociologi per indicare i figli di immigrati nati o venuti giovanissimi nel Paese che li ospita.
In Italia il numero di noi ragazzi della seconda generazione è molto consistente ed inizia a contare oltre 900mila giovani e rappresentano il 7% della popolazione scolastica, con ben 192 nazionalità.
La maggior parte di questi ragazzi sono minorenni, in età scolare e senza cittadinanza nonostante nati in suolo Italiano.
Tutti noi ragazzi come i nostri coetanei italiani condividiamo un desiderio di riscatto, sociale ed economico. Dietro a questa voglia di forte cambiamento ci sono i nostri genitori che vedono in noi la possibilità di riscatto che loro non hanno avuto, è per noi figli che hanno lasciato la loro patria e le loro famiglie, per garantirci un futuro migliore.
L’integrazione con la “I” maiuscola passa da noi che facciamo da ponte tra due mondi, quello di origine e quello in cui viviamo. A chi non piacerebbe avere doppia cultura, saper parlare due lingue fin da piccolo, mangiare ogni giorno due cibi diversi?? Di questa particolarità ne facciamo tesoro e ne usufruiamo tutti i giorni facendola notare a chi ci circonda, è questa l’unica differenza che ci distingue dai nostri amici italiani, e come sappiamo tutti la diversità è ricchezza, solo conoscendo chi è diverso da noi, ci aiuta a vedere il mondo da altri punti di vista e ci aiuta a migliorare come persone.
Cercando tra i problemi che i ragazzi di seconda generazione incontrano troviamo al primo posto la lingua, per chi appena arriva in Italia, ma questo viene a meno grazie alla continua scolarizzazione.
Segue il problema dell’identità, perché in età adolescenziale poiché noi ragazzi dobbiamo prendere posizione rispetto ad una appartenenza che noi non abbiamo scelto ne vissuto, e a questo punto ci iniziamo a chiedere- A quale paese apparteniamo?-dove sarà il nostro futuro?
Anche questo si supera una volta che si prende coscienza di sé e di ciò che uno può offrire alla società, facendosi valere in essa.
L’altro problema ed ostacolo per tutti noi rimane quello della cittadinanza, per questo noi ragazzi della seconda generazione chiediamo al nostro Paese (Italia) di riconoscerci come pari cittadini seguendo il principio dello “ius soli”, che concede la cittadinanza a chi nasce nel suolo del paese stesso.
Come tutti conosciamo la norma attualmente in vigore che regola la cittadinanza è la “legge 5 febbraio 1992” basata sul principio dello “ius sanguinis” che trasmette la cittadinanza per legami di sangue.
Seguendo il principio dello “ius sanguinis”, il ragazzo che nasce in una famiglia con entrambi i genitori stranieri, al compimento della maggiore età (18 anni) deve presentare la domanda per l’acquisizione della cittadinanza entro 1 anno, altrimenti rischia di rimanere clandestino o andare avanti con un permesso di soggiorno in continuo aggiornamento, che per averlo bisogna dimostrare un reddito, o essere iscritto all’università dimostrando gli esami sostenuti.
Non avere la cittadinanza significa avere molti limiti, ad esempio, non si ha il diritto di voto, si rinuncia al servizio civile, non si ha diritto ad iscriversi ad alcuni albi professionali una volta terminati gli studi, insomma si vive una vita governata da incertezze burocratiche.
Quello che ci chiediamo è- quando lo Stato prenderà in mano la questione di noi ragazzi facendo dei cambiamenti in modo da adeguarsi alla nuova realtà?