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  • L'allungamento dell'età e la qualità della vita: modalità nuove di servizi sanitari

L'Associazione Regionale Marche  "Amici dell'Inrca" ha organizzato un convegno dal titolo "L'Inrca: nella qualità l'allungamento della vita" venerdì 11 gennaio 2013. All'incontro sono stati invitati anche i sindacati dei pensionati.

I pensionati della Cisl Marche sono stati  rappresentati dal Segretario Generale  Mario Canale che ha portato il contributo con un'analisi sull'attuale situazione sanitaria in Italia e in Europa.

Intervento di Mario Canale al CONVEGNO tenutosi presso INRCA il 11 gennaio 2013 

 Tutti sanno che l’allungamento dell’età  è frutto di un miglioramento della qualità della vita e di un  benessere diffuso,  ma molti fanno finta di non sapere che questo  porta con sè una enorme pressione sull’offerta dei servizi sanitari.

La sfida nei prossimi decenni, dal punto di vista dell’offerta e dell’organizzazione dei servizi, consisterà nel riorientamento del sistema di offerta a bisogni profondamente modificati, verso la cronicità e le sue complesse necessità assistenziali. Su questo fronte il nostro paese è colpevolmente carente.

La mancanza di una rete integrata dei servizi  capace di dare risposte di  assistenza si va a scaricare sulle famiglie e sugli ospedali. Il ricovero nelle strutture residenziali, oltre a mortificare la qualità della vita delle persone fragili, ha costi elevati, che vanno dai 30 ai 50mila euro annui. Quanti  possono permetterselo?

Troppo spesso in Italia si ricorre  alle badanti, che a tutti gli effetti rientrano nella filiera dell’assistenza.  Il numero è stimato attorno a 1 milione e 200mila unità, con un costo per le famiglie di circa 13 miliardi di euro l’anno. Si tratta di un fenomeno sostanzialmente non governato dalle istituzioni in cui le famiglie sono spesso abbandonate nella fase della scelta dell’assistente familiare, nella gestione del suo rapporto di lavoro (spesso irregolare) e nella capacità di valutarne le competenze. Sarebbe opportuno un intervento organizzativo preceduto da una campagna conoscitiva sul fenomeno oltre ad un sostegno di tipo finanziario per le famiglie. Nelle Marche, ad esempio, la sperimentazione dell’assegno di cura ha sicuramente dato un po’ di sollievo ad una parte delle famiglie ma certamente non basta.

La residualità delle politiche a favore degli anziani, in particolare non autosufficienti, in Italia è testimoniata da alcuni dati; il rapporto tra il ricovero in strutture residenziali e l’assistenza a domicilio in Danimarca è1 a6, inInghilterra1 a4, inItalia1 a1,50; le ore di assistenza a domicilio sono300 inDanimarca,600 inInghilterra e110 inItalia.

Nel nostro paese il compito di assistere i soggetti non autosufficienti, anziani o meno, è stato quasi completamente demandato alla famiglia (da sola o con l’appoggio del volontariato), che si trova così ad affrontare due ordini di problemi, quello dell’assistenza fisica e psicologica, e quello finanziario, ben sapendo che esistono situazioni variegate a seconda del livello di invalidità, della composizione familiare, del livello di coinvolgimento emotivo.

L’attuale divario tra offerta e domanda di servizi di assistenza agli anziani dipendenti impone una reimpostazione in tempi brevi delle politiche a loro rivolte.

E’ di primaria importanza dotare il territorio di adeguati servizi socio sanitari, così come investire contemporaneamente nel campo della ricerca medica geriatrica.  A tal proposito risulta strategico il ruolo dell’INRCA, unico IRCCS che opera nell’area della Geriatria e Gerontologia, con la  mission di garantire ai pazienti anziani l’eccellenza nelle cure e nell’assistenza e  di contribuire con la ricerca al progresso scientifico .

Le cittadinanze “deboli” sono due: le persone non-autosufficienti e le loro famiglie. Il riconoscimento e la tutela dei diritti di cittadinanza, primariamente dei soggetti più deboli, richiedono l’azione congiunta ed integrata di tutti i livelli istituzionali coinvolti. Si tratta della esplicitazione dei principi della solidarietà e sussidiarietà.

L’obiettivo da perseguire è una integrazione delle insostituibili funzioni della famiglia con il supporto fornito da servizi pubblici e dal privato-sociale, che completi e si sostituisca, quando necessario, al ruolo del familiare assistente.

Per dare gambe a questa prospettiva, misure indispensabili sarebbero il Fondo Nazionale per la non-autosufficienza, non più finanziato dal livello nazionale, ed una legge sulla non-autosufficienza, che nonostante le sollecitazioni e la proposta ad iniziativa popolare presentata in Parlamento dal sindacato pensionati, non è stata mai portata in discussione per l’approvazione.

Teorizzare, come fa il Ministro Balduzzi, che l’andamento della spesa sanitaria vada correlato al PIL, oltre che intaccare un preciso dettato costituzionale, colloca l’Italia, nel rapporto PIL /Spesa Sanitaria, al di sotto della media europea: 7,3% contro l’8,2% della media europea; una somma vicina ai 15 miliardi manca quindi all’appello. Inoltre, essendo prevalso il criterio di far gravare parte della spesa sanitaria sui cittadini, con l’istituzione dei ticket su farmaceutica e diagnostica, si è finito per far pagare di più coloro che hanno problemi di salute, senza alcun riferimento alla condizione patrimoniale degli stessi, e al contempo, rendendo addirittura più competitivi per alcune prestazioni, i laboratori privati.

Va ricordato che, a fronte di 106 miliardi di euro attribuiti alla sanità, la spesa “out of pocket” è stimata in 36 miliardi di euro, interamente a carico delle famiglie italiane!

Ora, di fronte a questo scenario, è mai concepibile che in 3 anni (2012/2014) i tagli al fondo sanitario arrivino a circa 27 miliardi di euro (dai provvedimenti Tremonti a Balduzzi), e non si affronti ancora seriamente il tema di come riorganizzare la sanità, le Aziende sanitarie, i presidi ospedalieri, la rete territoriale integrata, abbandonando la logica dei tagli lineari che, ed è dimostrato dalle stesse affermazioni del Presidente del Consiglio Monti, non sono riusciti ad invertire la marcia?

Oggi è tempo di risposte condivise e di interventi strutturali : centralizzazione dell’acquisto di beni e servizi, accorpamento di alcuni volumi di spesa (logistica e servizi) per ottenere economie di scala, indicazioni cogenti per la chiusura degli ospedali piccoli, talvolta obsoleti e fatiscenti, eliminazione delle duplicazioni, realizzazione di una rete di ospedali specializzati, confronto sui processi di mobilità e sulle piante organiche, riforma dei consigli di direzione, istituiti da Balduzzi, che devono varare i piani di riorganizzazione delle aziende sanitarie e ospedaliere, ma  lasciano alla  sola classe medica il potere di decidere su sé stessa.

In relazione al progetto del nuovo ospedale da costruire a Camerano non possiamo non segnalare la necessità assoluta di un ulteriore confronto con le organizzazioni sindacali sui contenuti di questa nuova struttura, che risultano ancora poco chiari agli operatori e ai cittadini. Scarsa chiarezza che rischia di paralizzare anche le scelte organizzative sui presidi dell’Inrca e di Osimo. A nostro parere la nuova struttura dovrà rispondere in maniera completa alle esigenze dell’utenza anziana, intervenendo su tutte le patologie tipiche di tali utenti ( ad esempio le patologie diabetiche o le esigenze riabilitative), offrendo percorsi completi e di eccellenza, sviluppando anche interventi sul territorio, tali che sia riconosciuto come centro di riferimento per gli anziani. Va inoltre rilanciata la funzione di ricerca, vero punto critico dell’istituto in questi ultimi anni.

Come tutto questo si possa conciliare con la funzione di ospedale di rete di Ancona o di presidio di primo livello (per dirla con Balduzzi) e quindi rivolto alle esigenze sanitarie di una popolazione non solo anziana, ma di qualsiasi età, diventa il problema da discutere prima di realizzare una struttura con finalità non del tutto definite.

Più in generale, anche alla luce dei drastici tagli di risorse, crediamo che il processo di riorganizzazione della sanità marchigiana, per molti versi rimandato in modo non giustificabile, debba essere impostato rovesciando l’approccio utilizzato fino ad oggi, di fatto basato essenzialmente sul contenimento della spesa per il personale, e recuperando coerenza rispetto agli obiettivi generali di riforma che sono stati condivisi e fissati con il Piano Socio Sanitario Regionale.

In conclusione c’è da discutere sia a livello nazionale che regionale, una nuova modalità per i servizi offerti dal servizio sanitario, aprendo un confronto vero, senza decisioni autarchiche, concordando meccanismi di accesso alle prestazioni nel rispetto  dei principi di appropriatezza, efficacia  ed efficienza e avendo a riferimento i bisogni reali di salute della popolazione, in particolare delle fasce più fragili ed esposte.

 

Affermava Gandhi: “La peggiore forma di violenza verso gli ultimi è l’indifferenza di chi può e non fa”.   Grazie