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Riforma dell’apprendistato: un passo importante per l’occupazione  giovanile

di Giorgio Santini

Dopo una lunga “gestazione” contrassegnata, in particolare, dall’accordo tra Governo, Regioni e parti sociali dello scorso 27 ottobre, il Consiglio dei Ministri ha approvato, in via preliminare, la riforma dell’ apprendistato. Si tratta davvero di una buona notizia, anche in considerazione della difficile condizione dei giovani nel nostro mercato del lavoro, che si affianca all’introduzione del credito d’imposta per le assunzioni nel Mezzogiorno, varato contestualmente dal Governo nel c.d. “Piano Sviluppo”. Il rafforzamento dell’apprendistato interviene contemporaneamente sulle due linee di frattura sociale che segnano in negativo la condizione giovanile nel nostro paese: la crescente separazione tra scuola e lavoro che determina una grande difficoltà ad incrociare la domanda di lavoro e il vero e proprio blocco dell’accesso al lavoro, determinato dal protrarsi della crisi economica, che, soprattutto nell’ultimo periodo, ha generato consistenti bacini di disoccupazione e cassa integrazione. Dal punto di vista della tecnica legislativa è apprezzabile la decisione di procedere con un testo unico dell’apprendistato, che andrà a sostituire tutta la normativa precedente, semplificando il lavoro di operatori e interpreti e contribuendo a rilanciare un contratto che potrà diventare, sempre più, il canale privilegiato e stabile di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Il contratto di apprendistato continuerà ad operare su tre livelli: la qualifica professionale per i giovanissimi anche in assolvimento dell’obbligo di istruzione; la professionalizzazione dei giovani dai 18 ai 29 anni; il conseguimento di un titolo di scuola media secondaria, istruzione tecnica superiore, universitario o post-universitario in aziende  convenzionate con istituzioni educative. A queste categorie si affiancano alcune novità significative relative ai possibili fruitori del contratto: i lavoratori in mobilità (senza limiti di età), i praticanti degli studi professionali ed i lavoratori del pubblico impiego. Per quanto riguarda la disciplina generale comune, essa viene affidata alla contrattazione collettiva nel rispetto di alcuni principi: dalla forma scritta del contratto e del piano formativo individuale, alla conferma del sottoinquadramento di due livelli, che può esser utilizzato in alternativa alla percentualizzazione, alla presenza di un tutor, alla registrazione della formazione nel libretto formativo, al riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali. Tra i principi generali viene confermato chiaramente che il contratto di apprendistato è da considerarsi un rapporto a tempo indeterminato che può concludersi al termine della fase di apprendistato ma, nel silenzio assenso del datore di lavoro, si stabilizza automaticamente. E’ stata tra l’altro inserito, su precisa richiesta della Cisl, il coinvolgimento dei Fondi nterprofessionali nei percorsi formativi per gli apprendisti. Per quanto riguarda l’apprendistato professionalizzante, riservato ai giovani tra 18 e 29 anni, saranno gli accordi interconfederali e i contratti collettivi a stabilire durata e modalità di erogazione della formazione in funzione dei profili professionali stabiliti nei sistemi di classificazione e inquadramento, nonché la durata del contratto, comunque non superiore a 6 anni. Rispetto all’apprendistato per una qualifica professionale, anche in diritto dovere, si stabilisce che in tutti i settori possono essere assunti i ragazzi che abbiano compiuto quindici anni, con una regolamentazione dei profili formativi rimessa alle Regioni, che dovranno comunque prevedere un periodo di formazione congruo. In caso di mancata 2 regolamentazione regionale, interverrà un Decreto del Ministro del Lavoro di concerto con il Ministro dell’Istruzione, sentite le parti sociali. L’apprendistato di alta formazione è anch’esso affidato alle Regioni per la regolamentazione dei profili formativi; lo strumento risulta ulteriormente valorizzato grazie al possibile utilizzo per l’assolvimento del praticantato presso gli studi professionali e al rafforzamento della possibilità di incrocio con il percorso del dottorato di ricerca. Sugli standard formativi il testo contiene l’impegno a definirli entro 12 mesi, da parte dei due ministeri interessati, Lavoro e Istruzione, previa intesa con le Regioni, mentre gli standard professionali di riferimento ai fini della verifica degli esiti dei percorsi formativi in apprendistato professionalizzante sono quelli definiti nei Ccnl di categoria. Rispetto agli incentivi sono confermati quelli vigenti mentre lo svolgimento della formazione sarà soggetto all’effettiva verifica, da parte degli enti bilaterali o di soggetti accreditati a livello regionale, con relative, significative sanzioni in caso di mancato assolvimento. Va ricordato che la riforma sarà soggetta al fondamentale vaglio del rapporto con le Regioni: rimangono infatti alcuni nodi da sciogliere  proprio per quanto riguarda il rapporto con le competenze regionali. Pur nella positività della riforma vi sono alcuni punti problematici. E’ necessario, infatti, reperire, all’interno delle risorse disponibili, i finanziamenti necessari per rendere più robuste le incentivazioni finanziarie, in modo da offrire al contratto di apprendistato un carattere privilegiato rispetto ad altri per facilitare l’ingresso stabile dei giovani nel mondo del lavoro. In merito alla formazione trasversale prevista nell’apprendistato professionalizzante (40 ore per il primo anno, 24 per il secondo) essa dovrebbe essere mantenuta su 40 ore, dato quantitativo mutuato da numerosi accordi sindacali, anche negli anni successivi al primo. Viene poi generalizzato l’abbassamento a quindici anni per il diritto dovere: esso dovrà essere sempre accompagnato da percorsi di formazione che affianchino l’accesso al lavoro e che portino all’effettiva acquisizione di una qualifica professionale, in collegamento con i percorsi di istruzione professionale triennali già esistenti nelle regioni. E’ però importante sottolineare che il testo, che ha ricevuto la disponibilità di tutte le parti sociali ad un confronto di merito volto a concludere rapidamente l’intesa per pervenire all’accordo previsto nella Legge delega, ben risponde alle esigenze di semplificazione e  valorizzazione della contrattazione collettiva, puntando rendere più semplici le assunzioni di apprendisti ed effettivo l’aspetto formativo. Valorizzare l’apprendistato è davvero di una sfida importante: un tassello fondamentale per il miglioramento complessivo del nostro mercato del lavoro nel quale le parti sociali e le istituzioni devono misurare le loro capacità di costruzione di futuro per il Paese e per i nostri giovani.

(articolo  pubblicato il 7 maggio 2011 su Conquiste del Lavoro)