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  • Sei milioni di euro in meno per il personale dell'Area Vasta 1, ma negli ospedali dell'entroterra mancano medici e sanitari

Alessandro Contadini, Cisl Fp Marche e Maurizio Andreolini, Giovanni Giovanelli e Leonardo Piccinno delle Ast Cisl di Pesaro, Fano e Urbino, rilevano che «si è verificata una importante riduzione del budget dell'Area Vasta , che risulta la più penalizzata rispetto alle altre Aree Vaste. La spesa consolidata è scesa da 352 milioni di euro del bilancio definitivo 2018, a 343 nel bilancio di previsione 2019, e a 338 milioni negli ultimi aggiornamenti. In un anno, il budget dell'Area Vasta ha avuto una contrazione di 14 milioni di euro. In questo contesto, la spesa del personale è diminuita di quasi 6 milioni di euro (da 260 a 254), a fronte di un problema diffuso di assunzioni, sia sul comparto medico, sia su quello sanitario (infermieri e tecnici). La preoccupazione sindacale resta elevata nonostante i recenti correttivi Asur del piano occupazionale (proroga dei precari). Il turnover è carente, il personale che cessa dalle proprie funzioni a vario titolo, vedi pensionamenti o mobilità verso altri enti, non viene sostituito. Oltre al nodo del taglio della spesa, evidenziamo anche che il sistema di reclutamento del personale non funziona. Il Centro di Reclutamento Unico Regionale, infatti, ha tempi di chiamata del personale da assumere molto lunghi, e questa modalità di lavoro non collima con le esigenze delle aree vaste».

Entrando nelle situazioni specifiche delle strutture sanitarie dell'entroterra, Cisl Fp Marche e Ast Cisl Pesaro, Fano, Urbino sottolineano che «mancano medici al pronto soccorso di Urbino, così come mancano pediatri, biologi e radiologi. Al laboratorio analisi di Urbino mancano almeno quattro tecnici e non c'è una graduatoria dalla quale attingere. Drammatica la situazione del Centro trasfusionale: a fine mese andranno in pensione due tecnici a fronte di quattro impiegati, e non sono in programma ad oggi sostituzioni. La conseguenza è inevitabile: se non si sostituisce il personale, ci sarà una contrazione dei servizi».

Da Urbino a Pergola, dove «da più di un anno il radiologo uscito in mobilità verso un'altra azienda non è stato rimpiazzato. Questa situazione si riverbera sul numero delle prestazioni che si possono fare in quel presidio, oltre alla necessaria copertura del punto di primo intervento. Il personale della Radiologia di Pergola viene infatti spostato a coprire turni di lavoro in altre sedi. Al laboratorio analisi di Pergola dal primo dicembre manca un biologo, che anche in questo caso non verrà sostituito. Ad oggi l'attività viene portata avanti da personale laureato che di volta in volta si sposta da Urbino, oppure attraverso la refertazione da remoto direttamente da Urbino. Questa carenza di personale si va ad inserire, per l'ospedale di Pergola, in un quadro già critico per le note vicende di ristrutturazione dell'edificio e per lo spostamento della chirurgia verso Urbino, con la sospensione di tutta l'attività chirurgica a Pergola. Con questi numeri, il riconoscimento regionale dell'area disagiata rimarrà solo sulla carta, in quanto è subordinato al rispetto delle norme e vincoli nazionali».

La Cisl puntualizza di «non voler fare strumentalizzazioni o agevolare e proporre logiche campanilistiche, ma è chiaro che a Fossombrone, ospedale di comunità, che la riforma sanitaria regionale ha svuotato di funzioni ospedaliere, sta nascendo un polo diagnostico, che presagisce nell'immediato futuro la sua probabile gestione ad un privato. Non abbiamo nulla in contrario all'ingresso di un privato, ma deve avvenire sempre in un'ottica di integrazione del pubblico. Quello che sta succedendo a Cagli, Sassocorvaro, già date in concessione al privato, a Fossombrone, sembra essere l'esatto contrario. La mera sostituzione del pubblico con il privato, senza aumento di servizi alle comunità territoriali e senza chiarire quale sia ruolo nella sanità provinciale. Anche nella recente proposta di piano sanitario approvato dalla IV Commissione non viene spiegato quale sia il rapporto tra pubblico e privato nella gestione delle strutture sanitarie regionali».