I minatori di Bulquiza, la miniera più grande dell'Albania, di proprietà dell' austriaca DCM DECO metal GmbH, e gestita dall’Albanian Chrome Sh.p.k., situata a circa 50 Km a nord della capitale, hanno iniziato, da poco più di 2 giorni, lo sciopero della fame, in una galleria, a 260 metri sotto il livello del mare, molto umida e con scarsità d’aria pulita, tant’è che alcuni di loro hanno già accusato, a 30 ore dal digiuno, pesanti malesseri. Un inasprimento dello sciopero iniziato tre settimane fa con la chiusura della miniera e dopo il presidio permanente, nel centro di Tirana, a pochi metri dal palazzo del Primo Ministro, di due settimane fa.
Le ragioni della protesta, sostenuta dal sindacato KSSH, la Confederazione dei Sindacati d’Albania, con cui la CISL, attraverso l’ISCOS Marche, intrattiene rapporti di cooperazione internazionale da circa 10 anni, partono da semplici e legittime richieste: un aumento salariale del 20%, migliori condizioni di lavoro e di sicurezza ed una politica di investimenti sulle strutture (risalenti ai tempi del regime comunista ) che garantiscano la continuità produttiva.
La storia della miniera di Bulqiza è iniziata oltre 60 anni fa, quando furono trovati i primi giacimenti di cromo e ne fu avviato lo sfruttamento. Giacimenti che si rivelarono così ricchi da far si che negli anni 80 l'Albania risultava essere il terzo paese esportatore di cromo al mondo, anche grazie ai depositi di Bulquiza. Oggi ci lavorano oltre 700 persone che spingendosi fino a 800 metri sotto terra, con un salario medio di circa 400.000 lek albanese, 287 euro mensili più un buono pasto giornaliero di 500 lek (3,6 euro), estraggono 70.000 tonnellate di cromo all’anno, la cui esportazione costituisce una delle principali fonti di ricchezza della nazione.“I minatori di Bulquiza percepiscono salari mediamente inferiori del 30% a quelli dei minatori delle altre miniere albanesi- afferma Fausto Mazzieri responsabile dell’Iscos Marche, che insieme a Dino Lorimer, hanno condiviso, in questi giorni a Tirana, con i minatori le ragioni della protesta.- Le varie proprietà succedutesi nel tempo non hanno mai avuto troppo a cuore la sicurezza dei minatori, tanto che la sequenza di morti sul lavoro è impressionante- prosegue Mazzieri – né hanno pensato ad investire sulle infrastrutture necessarie a mantenere l'impianto funzionale, presupposto indispensabile per migliorare le condizioni di lavoro e garantire la produzione. Siamo seriamente preoccupati per l’escalation della protesta. I minatori, che hanno iniziato lo sciopero della fame, stanno rischiando la vita, con l’indifferenza della proprietà ma anche dei ministeri albanesi competenti, visto che ancora nessuno ha dato risposte convincenti. Anche se il governo albanese abbia chiesto ormai da tempo di entrare nell'Unione Europea ed abbia ratificato le principali Convenzioni dell’OIL –l’Organizzazione Internazionale del Lavoro sui diritti dei lavoratori“ Una situazione che ha allarmato anche la Cisl, che in questi giorni sta sostenendo con la sua presenza, insieme al sindacato albanese KSSH, la lotta dei minatori di Bulqiza; sollecitando anche l’UE ad intervenire per la risoluzione positiva di questa difficile vertenza.