Le Segreterie Regionali di Cgil Cisl e Uil Marche intendono condividere con i candidati alle elezioni politiche del prossimo 25 settembre le proposte del sindacato sui temi del lavoro, dello sviluppo, delle infrastrutture, della sostenibilità e dell'equità sociale.
Responsabilità e cura del bene comune, centralità del lavoro, solidarietà intergenerazionale, inclusione e coesione sociale, rispetto e promozione dei diritti civili e sociali delle persone nelle comunità, costituiscono per Cgil Cisl e Uil delle Marche l’orizzonte valoriale entro cui collocare le politiche volte a uno sviluppo equo e sostenibile. Facciamo appello alle forze politiche affinché si misurino con le nostre proposte e ai candidati nelle Marche affinché si impegnino a rappresentare le istanze della nostra comunità.
LAVORO
La priorità della nuova legislatura deve essere costituita da politiche mirate di protezione del lavoro e garanzia della sua qualità, in ogni settore, pubblico e privato: aumentare i salari, fermare la precarietà, favorire una equa distribuzione ed organizzazione del lavoro, garantire legalità e sicurezza sul lavoro. La condizione di precarietà rappresenta la radice dell’impoverimento salariale oltre che delle condizioni di arretramento di diritti e tutele e la bassa crescita di nuovi posti di lavoro di qualità. Per questo è necessario intervenire riconoscendo la centralità del lavoro, riducendo le forme di lavoro precarie e favorendo l’attivazione di rapporti di lavoro stabili e tutelati: risposte concrete e tangibili all’impoverimento dei salari, alla perdita di valore del lavoro e alla creazione di nuova occupazione di qualità.
La deregolamentazione del mercato del lavoro, attuata negli anni, ha portato alla proliferazione delle tipologie contrattuali, alla frammentazione dei cicli produttivi, alla svalorizzazione del lavoro.
Contrastare la precarietà vuol dire garantire occupazione stabile e di qualità, costruire un sistema organico di diritti e tutele, contrastare il fenomeno in aumento del lavoro povero. Con particolare attenzione ai giovani e alle donne, che pagano oggi il prezzo più alto.
Ruolo fondamentale giocano adeguate politiche attive del lavoro e determinante deve essere la funzione svolta dai Servizi per l’Impiego, in sinergia e con il supporto dei servizi privati accreditati, ricostruendo una filiera delle politiche attive del lavoro che metta strutturalmente a sistema: presa in carica, orientamento, accompagnamento, incontro domanda-offerta di lavoro, personalizzando le azioni in base ai bisogni differenziati di lavoratori e disoccupati. Una azione di indirizzo e verifica dal nazionale sulla progettazione, programmazione e sulle azioni realmente messe in campo dalle regioni è indispensabile e va adeguatamente strutturata.
I sistemi di istruzione e formazione devono integrarsi, programmando e investendo sulle nuove competenze necessarie ad affrontare e vincere le sfide che le transizioni ecologica-ambientale e digitale rappresentano per lo sviluppo del territorio, ma senza impoverire o aziendalizzare il valore culturale della formazione pubblica e garantita a tutti.
Le politiche per il lavoro posso essere anche il sostegno ad un necessario processo di riqualificazione dell’industria e del terziario, con il rilancio e la trasformazione di tutti i sistemi produttivi, individuando in anticipo fabbisogni e bacini occupazionali e coniugando politiche del lavoro e politiche industriali, favorendo la contrattazione decentrata, per accrescere produttività, valorizzare il lavoro e le competenze, oltre che per aumentare la qualità del lavoro e delle retribuzioni.
Il PNRR e i piani regionali di attuazione dello stesso sono stati una opportunità, non completamente colta, di condividere un impegno progettuale con le parti sociali, per garantire una coesione sociale che non lasci soli i più vulnerabili; i momenti di condivisione e di confronto, teoricamente garantiti dalle intese nazionali, non sono sufficientemente attuati e la loro efficacia e qualità sono molto lontane dall’essere quelle auspicate e utili.
È necessario attivare misure per aumentare i salari: attraverso una spinta al rinnovo dei CCNL, con norme chiare sulla rappresentanza e sulle clausole sociali, che colpiscano dumping contrattuali, illegalità e sfruttamento; attraverso l’introduzione, nel rispetto di quanto previsto dalla Direttiva europea, di un salario minimo che prenda a riferimento i trattamenti economici e le tutele complessive previste dai CCNL; attraverso una tassazione generale più progressiva ed una agevolata sulle premialità della contrattazione di secondo livello.
Nelle Marche così come nel resto del territorio nazionale, il tema della sicurezza sul lavoro deve assumere una priorità di intervento assoluta: i lavoratori pagano troppo spesso con la perdita della propria vita e della propria salute la bassa cultura della sicurezza, i pochi controlli e la mancanza di investimenti adeguati a garantire la sicurezza a tutti i lavoratori in ogni luogo di lavoro.
SVILUPPO E INFRASTRUTTURE
Le Marche scontano uno storico isolamento sia infrastrutturale che politico rispetto al resto del Paese. Dopo la crisi economica del 2008 che ha messo in evidenza i limiti del vecchio modello industriale marchigiano decretandone la fine, il contesto si è ulteriormente aggravato con il sisma del 2016-2017 che ha modificato profondamente la geografia sociale regionale ed infine con la pandemia, portando la nostra economia tra quelle delle regioni in transizione e quindi delle regioni meno sviluppate.
Una politica di sviluppo, di ripresa del sistema produttivo e del tessuto sociale marchigiano, non può non passare per tre macro-fattori: un forte potenziamento delle infrastrutture materiali (ferrovie, strade, Porto, Aeroporto e Interporto) e infrastrutture immateriali (reti digitali); una spinta incisiva sulla ricostruzione delle aree terremotate e rivalorizzazione delle aree interne; l’attivazione delle Zone Economiche Speciali (ZES). La principale e imprescindibile condizione affinché si realizzi quanto sopra è la messa a punto e il compimento di quanto previsto dal PNRR per le Marche in tutte le sue articolazioni.
Le politiche industriali, necessarie per il rilancio del territorio, non possono continuare ad essere assenti dal dibattito nazionale e locale. Negli ultimi mesi le Marche sono salite agli onori della cronaca solamente per le vertenze che hanno toccato alcune importanti aziende del territorio: Elica, Caterpillar, Whirpool, Embraco, Guzzini ad esempio. Vertenze che hanno colpito aree già da tempo in difficoltà e che hanno evidenziato una mancanza di visione relativa al sistema produttivo marchigiano e l’assenza di una politica propedeutica allo sviluppo industriale con il rilancio di una occupazione di qualità.
La fine dell’isolamento marchigiano passa attraverso un sistema infrastrutturale efficiente ed efficace, capace di trasformare le esigenze di un territorio in potenzialità. L’efficientamento della rete ferroviaria marchigiana, oltre ad avere un ruolo nei corridoi europei TEN-T, è un primo fondamentale tassello di un sistema infrastrutturale a rete, utile non solo al nostro territorio ma a tutto il centro Italia: il completamento in tempi celeri del raddoppio della Falconara - Orte e dell’efficientamento della tratta adriatica, con l’arretramento e/o raddoppio della linea, e i by-pass già progettati, è cosa non più rinviabile. Nella rete stradale va completata la Fano - Grosseto, così come l’uscita a Nord dal Porto di Ancona e le altre opere interne, come la Pedemontana. Inoltre, va rivendicata con forza una maggiore quantità di risorse relative al trasporto pubblico locale, visto che la regione Marche nella ripartizione delle risorse del Fondo Nazionale Trasporti ne percepisce la quantità minore. Una politica che guarda alla transizione ecologica e allo sviluppo delle aree interne deve essere legata ad una quantità di risorse adeguata alle esigenze del nostro territorio.
Il trasporto pubblico può essere un servizio strategico nella direzione sia della transizione ecologica che di uno sviluppo sostanziale delle aree interne, in particolare quelle colpite dallo spopolamento aggravato dal sisma, in quanto prive di servizi.
Nell’ambito In generale gli investimenti nel settore dovrebbero prioritariamente essere indirizzati: all’ammodernamento del parco mezzi; all’aggiornamento delle tratte; al contenimento del costo per gli utenti della ricostruzione post sisma, oltre alla rapidità nell’individuare le priorità dei progetti da realizzare, è necessario che la ricostruzione fisica sia vincolata alla ricostruzione sociale e produttiva di un territorio che negli ultimi anni si è gradualmente spopolato e destrutturato in termini di cittadini, servizi, aziende. Occorre perciò utilizzare tutte quelle leve per portare a un rapido compimento i cantieri e le opere già avviate e aprire i cantieri non ancora avviati. Riteniamo però necessaria una visione d’insieme, onde evitare la realizzazione di opere fini a sé stesse e che una volta realizzate non vengano poi utilizzate. Per questo è importante, nei confronti delle aree terremotate così come delle aree interne, una politica da un lato attenta ai servizi, al sociale, all’assistenza, alla garanzia di presidi per l’istruzione pubblica, e dall’altro volta all’innovazione e all’incentivazione della digitalizzazione, condizione essenziale per lo sviluppo di quei territori e delle loro comunità.
L’attivazione della Zes per la nostra regione è necessaria affinché le imprese del nostro territorio possano beneficiare dei vantaggi derivanti dalle agevolazioni fiscali e dalle semplificazioni amministrative previste. Un’occasione questa che deve essere colta al volo e che il contesto di difficoltà che il nostro territorio vive pone come non più rinviabile. L’attivazione della ZES richiede al tempo stesso, oltre alla necessaria rapidità, un progetto più ampio ed una visione d’insieme di sviluppo che guardi a tutto il territorio regionale e non solo alle aree dove è possibile attivare i benefici fiscali e amministrativi della Zes stessa.
SOSTENIBILITÀ ED EQUITÀ SOCIALE
La sostenibilità e l’equità dello sviluppo è assicurata dal lavoro di qualità e dal rafforzamento delle reti di welfare, intese come un articolato sistema di servizi, tutele ed assistenza nel campo del sociale.
Per orientare le politiche sociali, è necessario considerare il contesto demografico. Nel panorama nazionale, le Marche sono una delle regioni con il maggiore indice di invecchiamento e di decremento della popolazione.
Questa tendenza può essere invertita solo con l’attivazione di misure sinergiche e complementari che diano fiducia alle famiglie (supportando la genitorialità, riorganizzando i servizi, favorendo l’invecchiamento attivo, garantendo adeguati livelli di cura alle persone), in un quadro di riequilibrio delle politiche migratorie.
Vanno colte e rilanciate le opportunità che può offrire il Family Act con i decreti attuativi (L. n.32 del 2022). Si devono migliorare i congedi parentali, così da facilitare l’accesso da parte dei padri e ridurre l’abbandono del lavoro da parte delle madri. Occorre poi aumentare il congedo di paternità ad almeno 30 giorni e renderne la fruizione entro un arco temporale più ampio; va rifinanziato il fondo che incentiva la contrattazione collettiva destinata alla promozione della conciliazione vita/lavoro (ex art.25 del d.lgs. n. 80 del 2015). Contestualmente è necessario aumentare i posti disponibili negli asili nido e puntare ad una progressiva riduzione fino all’azzeramento delle rette. Va monitorata e migliorata la fruizione dell’Assegno Unico e Universale, la cui istituzione è un valido sostegno alla genitorialità, facendo una verifica sugli esclusi ed estendendo la soglia ISEE di riferimento.
Il settore dell’istruzione necessita di una profonda riforma e di importanti investimenti, sia nell’edilizia scolastica, che negli organici, in particolare con il rinnovo del CCNL, attraverso nuove risorse per la rivalutazione delle retribuzioni, la riduzione del precariato e nuove procedure di reclutamento del personale. Potremo davvero costruire da ora il futuro del nostro Paese e della nostra Regione solo con un serio investimento nel sistema della conoscenza aprendolo sempre di più alla prospettiva dell’Apprendimento permanente.
La pandemia ha evidenziato il grande valore del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), ma anche i suoi limiti. In particolare, sono emerse significative disparità territoriali nell’erogazione dei servizi, soprattutto in termini di prevenzione e assistenza sul territorio, tempi di attesa e grado di integrazione tra servizi ospedalieri, territoriali e sociali. La Sanità è uno dei settori strategici sui quali focalizzare l’attenzione. Sarà fondamentale procedere a una corretta attuazione degli investimenti e delle riforme previste nel PNRR. Le priorità da perseguire: un’ulteriore implementazione del Fondo Sanitario Nazionale; i rinnovi contrattuali e il superamento del tetto di spesa per il personale per consentire le indispensabili assunzioni, la stabilizzazione dei precari, l’attuazione della riforma sull’assistenza territoriale, la costruzione di una concreta sinergia tra ospedale e servizi territoriali, l’investimento sulla formazione del personale sanitario e socio-sanitario, l’abbattimento delle liste d’attesa, l’integrazione tra le Missioni 5 (inclusione) e 6 (salute) del PNRR, la diffusione della medicina di genere e la promozione delle politiche per l’invecchiamento attivo.
Va subito approvata la legge delega per la riforma dell’assistenza alle persone non autosufficienti, inserita nel PNRR grazie alle nostre mobilitazioni, coordinandola con la legge delega n.227/21 in materia di disabilità. Va garantita l'universalità dei servizi sociosanitari e la loro uniformità sull’intero territorio nazionale ed è necessario armonizzare e semplificare le diverse modalità di valutazione/certificazione della disabilità e non autosufficienza. Occorre investire di più sull’assistenza sociosanitaria domiciliare, riconoscendo, sostenendo e qualificando il ruolo dei caregiver e degli assistenti familiari.
Anche nelle Marche è necessario intervenire in modo tempestivo ed efficace contro tutti gli aspetti e le conseguenze della povertà; 70.000 tra famiglie e individui hanno richiesto il Reddito di Cittadinanza, che ha rappresentato, insieme al Reddito di Emergenza, un argine alla diffusione della povertà, ma ha anche mostrato inadeguatezza negli aspetti di politica attiva del lavoro; quindi non va smantellato ma va migliorato rivedendo i criteri per il riconoscimento, i parametri per la misura, le condizioni per il cumulo, il collegamento efficace alla rete di politiche attive.
L’immigrazione, umanitaria ed economica, va considerata un’opportunità, e non solo un problema. Il fenomeno migratorio va gestito con razionalità e con una condivisione di responsabilità tra gli Stati dell’Unione europea, a partire dalla rivisitazione del Trattato di Dublino e la revisione degli accordi Italia-Libia. Tra le misure prioritarie: l’incremento dei numeri programmati d’ingresso sul prossimo decreto flussi; il superamento dei gravi ritardi nell’esame delle domande di regolarizzazione e l’estensione dei percorsi di emersione a tutti quei settori con un’alta presenza di lavoratori immigrati; il rafforzamento degli Sportelli Unici per l’Immigrazione con personale stabilizzato; la valorizzazione di tutti gli accordi di settore sulla formazione e l’inserimento dei lavoratori rifugiati; il riconoscimento della cittadinanza ai figli di migranti attraverso lo Ius Scholae. L’attenzione mediatica e politica spesso si concentra sull’immigrazione che, nella nostra regione come nell’intero paese, si è fortemente ridimensionata per le note ragioni economiche, sottovalutando il fenomeno crescente e molto preoccupante della emigrazione dei nostri giovani verso altre regioni o all’estero. Vanno indagate le ragioni di questo fenomeno e messe in atto politiche mirate al contrasto della dispersione delle competenze e dei suoi effetti demografici.
Il sistema previdenziale necessita di una riforma nel segno dell’equità, della sostenibilità e della inclusività tale da garantire meccanismi di flessibilità in uscita. Ribadiamo le nostre proposte: pensione contributiva di garanzia per i giovani; riconoscimento del lavoro di cura; sostegno pubblico all’adesione alla previdenza complementare; maggiore supporto ai lavoratori precoci, a chi svolge lavori gravosi e usuranti e Ape sociale permanente e allargata; possibilità di andare in pensione a partire da 62 anni e anche in presenza di 41 di contributi a prescindere dall’età anagrafica. Per quanto riguarda le donne, chiediamo sconti contributivi alle madri lavoratrici e rivisitazione dei coefficienti di calcolo. Per i pensionati, infine, chiediamo l’estensione della 14ma e nuovi adeguamenti al costo della vita.
Serve una riforma complessiva del fisco che ridistribuisca il carico a favore delle fasce deboli e risponda alla piaga dell’evasione. Riteniamo importante proseguire sul percorso avviato nell’ultima Legge di Bilancio, attraverso una riduzione del peso del fisco su lavoratori dipendenti e pensionati, semplificando l’imposta e garantendone la progressività. Altri interventi da tenere in considerazione riguardano la revisione delle spese fiscali, il contrasto concreto ed efficace all’evasione fiscale, l’introduzione di una tassa di successione sui grandi patrimoni, la continuità nella digitalizzazione dei pagamenti e delle fatturazioni, l’azzeramento della tassazione sui premi di produttività, la revisione delle aliquote IVA nell’ottica di distinguere i beni necessari da quelli di lusso, diversamente dall’ipotesi di estensione di tassazione piatta.
CGIL CISL e UIL delle Marche chiedono con forza ai parlamentari, che verranno eletti in questa regione, un dialogo continuativo con questo territorio e con le forze sociali che lo rappresentano, un impegno fattivo ed una presenza costante, nel dibattito politico nazionale, rispetto ai problemi e alle difficoltà della nostra comunità.