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  • Marche: crisi infinita del settore delle costruzioni. In 10 anni persi 13.000 posti di lavoro. Consegnata a Conte e Toninelli una nota sul rilancio del settore

Oggi all'interno della visita di Conte e Toninelli sui cantiere della Quadrilatero abbiamo consegnato loro come segreterie regionali di Filca Fillea Feneal una nota sul rilancio del settore delle costruzioni marchigiane colpite da una crisi infinita.

Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil da tempo sono convinte che per rilanciare il Paese occorre una politica industriale in grado di rilanciare l’intera filiera delle costruzioni: dall’edilizia ai materiali, dal settore del legno e arredo al cemento, dai lapidei al settore dei laterizi. Il settore dell’edilizia italiano in dieci anni di perdurante crisi economica, la più grave dal dopoguerra ad oggi, ha perso oltre 600 mila posti di lavoro, 120.000 aziende hanno chiuso (di cui il 90% piccole e medie aziende) ed in questi mesi stiamo assistendo alla crisi delle grandi imprese di costruzioni come Astaldi SpA e CMC su tutte, due imprese peraltro impegnate in grandi opere nella nostra regione. 

Nelle Marche i dati della crisi sono preoccupanti ed allarmanti: dal 2008 al 2018 si sono persi circa 13.000 posti di lavoro ed hanno chiuso circa 3.000 aziende mentre le ore lavorate nelle Marche passano da 25 Mln a 13 Mln. A questo quadro desolante si aggiunge che nelle Marche a due anni e mezzo dal grave sisma del 2016 solo l’8% circa dei 42.000 edifici danneggiati sono stati ricostruiti. Per di più la fase dell’emergenza non si è ancora completata con la consegna delle SAE.

Tuttavia, la ricostruzione post sisma potrebbe essere per le Marche un volano importante di rilancio del settore delle costruzioni ma assistiamo ad una lentezza nella partenza della ricostruzione pesante a fronte invece di un fase emergenziale ancora aperta.  Sulla ricostruzione come parti sociali sindacali delle costruzioni delle Marche siamo molto preoccupati sulla possibilità che venga depotenziato il DURC di congruità della manodopera, introdotto con l’ordinanza commissariale n. 58, perché questo strumento è molto utile per combattere fenomeni di illegalità ed evasione contributiva, in una regione dove le ore mensili lavorate in edilizia si attestano intorno a 110 ore, e quindi c’è ancora un  pesante ricorso al lavoro nero e grigio. A questo si aggiunge sul lato infrastrutturale che nelle Marche sono fermi investimenti per 5 mld di euro stanziati negli ultimi anni che non si sono mai tramutati in cantieri per problemi amministrativi o burocratici o peggio ancora per problemi delle aziende vincitrici degli appalti. 

Oggi nella nostra regione sono ferme al palo opere importanti come: Quadrilatero (230 milioni di euro di lavori ancora da realizzare e tavolo di crisi Astaldi aperto al Mise); Nuovo Ospedale INRCA di Ancona (48 milioni di euro e tavolo di crisi CMC aperto al Mise); Nuovo Ospedale Salesi (56 milioni di euro); realizzazione nuova sede ferroviaria MontemarcianoFalconara Marittima (appalto RFI da circa 65 milioni di euro); completamento FanoGrosseto (valore opera circa 310 milioni in attesa del via libera ministeriale); Intervalliva Tolentino - San Severino Marche;  Galleria "Passo del Cornello" (iniziata 24 anni fa, scavata per 500m e lasciata al suo destino…);  Svincolo S.S.77 a Civitanova Marche e bretella Macerata-La Pieve. La pesante crisi del settore delle costruzioni ha determinato anche la chiusura nelle Marche di alcune principali aziende del mobile e dei materiali da costruzioni come: Desi Mobili – Sicc – Bizzarri – Gatto – Bontempi - Sifa – Febal - Sacci - Foresi – Dignani. Per queste ragioni Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil hanno proclamato lo SCIOPERO GENERALE DI 8 ORE il 15 MARZO scorso che ha coinvolto i lavoratori di tutti i settori dell’intera filiera delle costruzioni, portando in piazza del Popolo a Roma 20.000 lavoratori e lavoratrici a chiedere con forza il rilancio del settore per rilanciare il paese. 

Pertanto, crediamo che bisogna riaprire i cantieri con politiche mirate che intervengano tanto con strumenti finanziari mirati per le imprese del settore (un Fondo nazionale di Garanzia) che per sbloccare le grandi opere da Nord a Sud. Serve una politica di investimenti mirati in grado di essere immediatamente tradotti in piani straordinari per la messa in sicurezza di territori, strade, ponti. Dobbiamo qualificare le stazioni appaltanti sempre meno in grado di progettare e di rendere esecutivi i bandi fatti. Occorre un piano per la qualità delle materie prime al servizio di ristrutturazioni, rigenerazione e anti sismico, di nuove politiche abitative.

Occorre una sistematizzazione degli incentivi, da quelli per le ristrutturazioni a quelli per il risparmio energetico e per il bonus mobile. Serve una politica di tutela e riconversione dell’occupazione nei settori dei materiali, serve qualificare l’impresa e contrastare il dumping contrattuale soprattutto in edilizia con un sistema che premi qualità e sicurezza. Occorre accelerare sugli appalti verdi al fine di premiare chi fa ricerca ed innovazione nei nostri settori. Serve una sburocratizzazione mirata di diversi passaggi del Codice Appalti senza ridurre tutele e diritti e senza tornare alla liberalizzazione dei sub appalti o al massimo ribasso. 

Per fare questo occorre una cabina di regia nazionale, attraverso l’attivazione di un vero tavolo di crisi presso Palazzo Chigi, non è certo sufficiente l’incontro che si è svolto il 18 marzo al MIT sul decreto sblocca cantieri. Nell’incontro abbiamo esposto nel dettaglio sia gli strumenti da rafforzare per tutelare i lavoratori e garantire la trasparenza, estendendo per esempio congruità e patente a punti, che gli interventi sul Codice stesso.

Al contempo, abbiamo ribadito che ridurre le lungaggini burocratiche e accelerare i cantieri assegnati, ma bloccati, non significa tornare al massimo ribasso, liberalizzare il sub appalto o all’attività prevalente, rilanciare il General Contractor e quindi le varianti allegre, ridurre le tutele antimafia.

Tuttavia le anticipazioni sul decreto sblocca cantieri non ci piacciono per nulla soprattutto in relazione al sub-appalto e al massimo ribasso, secondo noi portare al 50% i lavori da subappaltare non solo non avrà nessun effetto sulla riapertura dei tanti cantieri bloccati, ma è una misura che pone un rischio serio di illegalità nel settore edile. Speriamo che il Governo ci ripensi e che tenga conto delle nostre osservazioni, più volte segnalate da Feneal-Uil Filca-Cisl Fillea-Cgil insieme a CGIL-CISL-UIL, nel corso dei momenti di confronto sul decreto. 

 

 

MARCHE: CRISI INFINITA DEL SETTORE DELLE COSTRUZIONI persi dal 2008 al 2018 in regione circa 13.000 posti di lavoro “RILANCIARE IL SETTORE PER RILANCIARE IL PAESE”