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  • 3. Un nuovo welfare per un nuovo sviluppo nelle Marche

 

di Sauro Rossi, Segretario Generale Cisl Marche

L’auspicata ripresa economica deve essere all’insegna della sostenibilità e dell’equità sociale, per ridurre i divari territoriali che la crisi pandemica ha aggravato e per valorizzare quegli ambiti di economia in grado di generare valore aggiunto per tutto il sistema.

La sostenibilità sociale dello sviluppo è assicurata dal lavoro di qualità e dal rafforzamento delle reti di welfare, intese come articolato sistema di servizi, tutele ed assistenza nel campo dell’istruzione, della sanità, della previdenza e del sociale in senso stretto.

Il rafforzamento non va inteso come semplice, per quanto importante, consolidamento di ciò che esiste ma come sostanziale rinvigorimento degli interventi, che implica incremento quantitativo e adeguata riorganizzazione degli stessi, in una logica di forte integrazione tra le diverse aree. E’ un rinvigorimento per il quale andranno utilizzate al meglio le risorse previste dal PNRR, combinando  le misure ancora legate all’emergenza COVID-19 con quelle volte a favorire il rilancio del nostro Paese.

Nel tracciare queste traiettorie un’attenzione particolare va dedicata alle tendenze demografiche. Le Marche nell’ultimo decennio (2010-2020) hanno perso 34.000 abitanti e, senza interventi correttivi, si prevede ne perdano altri 56.000 nel 2040 e ben 193.000 nel 2060. La popolazione 0-18, già scesa di 20.000 unità negli ultimi due lustri, calerà di 33.000 nel 2040 e di 48.000 nel 2060.

Andamento analogo si registra per le persone in età da lavoro (15-64): calate di 47.000 unità nel secondo decennio del secolo, scenderanno rispettivamente di oltre 151.000 unità nel 2040 e di 238.000 nel 2060, passando dall’attuale 62.4% al 54.5% tra 20 anni. Contestualmente continueranno a crescere gli anziani (>65). L’aumento di 32.000 unità nel periodo 2010-2020, raggiungerà il picco di +115.000 persone nel 2040, per poi attestarsi su un +82.000 nel 2060. Entro il 2060 raddoppierà il numero degli over 84 (i cosiddetti “grandi vecchi”) che passeranno dal 4,5% di oggi al 9,7%.  Il rapporto tra le persone a carico e quelle che lavorano (indici di dipendenza strutturale) passerà dal 60.2% di oggi all’83.5% del 2040.

Andamenti di questo tipo presuppongono l’attivazione di politiche volte a contrastare la denatalità, supportare la genitorialità, incrementare l’attrattività dei territori per gli investimenti produttivi, riorganizzare i percorsi formativi, favorire l’invecchiamento attivo, garantire adeguati livelli di cura alle persone.

E’ necessario affiancare alle politiche di contrasto alla denatalità anche politiche migratorie, coordinate su base europea, basate su  accoglienza, inserimento e formazione degli immigrati, qualificandole come  fattore di arricchimento culturale ed economico.

La scuola ha bisogno di essere ripensata in profondità. Si tratta di intervenire con un massiccio piano di investimenti per l’edilizia scolastica (mettendo in sicurezza gli ambienti e puntando al loro efficientamento energetico e sismico), con il rafforzamento degli organici  (attraverso nuove procedure di reclutamento del personale), ma anche  di rimodellare la mission, aprendola al pieno sostegno della logica del life long learning.

La popolazione scolastica ”classica” (6-19) anni nelle Marche calerà nel 2040 del 13% e del 20% nel 2060. Nell’ultimo triennio gli alunni sono passati da 210.045 e 204.524 (-2.63%) con sostanziale tenuta delle secondarie di 1° e 2° grado e un calo di infanzia (-7.93%) e primaria (-5.03%).La contrazione della base di riferimento  storica è evidente. Anche per questo è indispensabile che la scuola, fondamentale Agenzia sociale, veda riconfigurato il suo stato di comunità educante, entrando a pieno titolo nell’articolato percorso di formazione  degli adulti lungo tutto l’arco della vita.

La stessa Università dovrà trovare il modo di concorrere a qualificare gli interventi di accompagnamento nelle transizioni, giocando un ruolo attivo nei percorsi di orientamento e di formazione continua, partecipando alla messa a punto di azioni volte a ridurre il fenomeno dei NEET (giovani che non studiano e non lavorano). La crescita di livello medio di istruzione nella fascia 25-34 anni e del contestuale aumento dei laureati in discipline tecnico-scientifiche è, infatti, ancora accompagnata da tassi bassi di formazione continua e permanente. Nel raccordo tra Scuola e Università assume un rilievo fondamentale l’opera di diversificazione, incremento e miglioramento dei percorsi ITS  Dentro questo quadro diviene di fondamentale importanza portare su nuovi equilibri la scelta tra gli indirizzi della scuola secondaria superiore. Va letto ed interpretato attentamente il fenomeno del notevole incremento del tasso di liceizzazione, a scapito delle scelte per gli istituti tecnici e professionali. Il suo valore (53.9%), in linea con la media nazionale, è invece molto più elevato di quello di regioni come la Lombardia (51.8%); Emilia Romagna (46.8%); Veneto (45.8%) che presentano minori asimmetrie tra domanda e offerta di lavoro per i giovani. Il rafforzamento di tutte le aree dell’orientamento rimane punto fondamentale di qualificazione dei percorsi di istruzione, formazione e lavoro.

Nella necessaria riorganizzazione del Sistema Salute delle Marche bisogna tener conto della annosa, sperequata, allocazione di risorse tra Ospedali, Territorio e Prevenzione. Nell’ultimo bilancio pre-pandemia Covid-19 (2019), rispetto ad una distribuzione ritenuta ottimale di 44% Ospedali; 51 %Territorio; 5% Prevenzione si registrava un 52.5% Ospedali; 44.7% Territorio; 2.8% Prevenzione.

In altri termini significa fare i conti con un sottofinanziamento dei Servizi e della Medicina Territoriale per quasi 230 mln di € e della Prevenzione per  altri 80 mln di €.

Il riassetto necessario passa attraverso una diversa configurazione dell’assetto delle cure primarie, dell’assistenza domiciliare, dell’assistenza extra-ospedaliera (RSA, RP, Centri diurni, Ospedali di Comunità): della rete di emergenza-urgenza e un effettivo potenziamento di tutti i servizi che fanno capo alla Prevenzione, a cominciare da quelli della Sicurezza Ambienti di lavoro.

Particolare attenzione dovrà essere dedicata ad una corretta ed equilibrata organizzazione delle reti nei  territori, superando le attuali sperequazioni esistenti tra le dotazioni dei servizi nei 23 Ambiti Territoriali Sociali, i cui indici variano dal massimo di 29,9 al minimo di 5,3 (media regionale del 10.8).

Rispetto al riassetto della rete ospedaliera nelle Marche, aldilà delle annunciate esigenze della Regione di rivedere quanto previsto nel vigente Piano sanitario, i principali nodi sono costituiti da:

  • Precisa configurazione dell’Azienda ospedaliera Marche Nord, che allo stato attuale non sembra essere in possesso delle caratteristiche di presidio di  II livello e di Torrette come polo di riferimento regionale.

• Superamento del concetto di Presidio unico di Area Vasta, che non trova cittadinanza nel DM 70/15.

• Esubero di almeno 2 unità di presidi ospedalieri di primo livello, che diventerebbe di 4 unità nel caso in cui Marche Nord venisse correttamente inquadrato, e i suoi due presidi di Pesaro e Fano venissero quindi qualificati di I livello.

• Collocazione nella rete ospedaliera dei presidi Salesi e INRCA di Fermo.

• Individuazione degli Ospedali di zona disagiata: oltre a Pergola e Amandola, il nuovo PSSR prevede l’equiparazione di Cingoli, Cagli e Sassocorvaro, che però sono attualmente qualificati come Ospedali di comunità, ossia strutture territoriali e non ospedaliere.

• Integrazione nella rete ospedaliera dei posti letto aggiuntivi di terapia intensiva (105) e dei posti trasformabili in semi intensiva (107) previsti dal DL Rilancio e dalla DGRM 751/2020.

• Futuro (ed eventuali modalità di integrazione nella rete) dei progetti di edilizia ospedaliera relativi ai “nuovi” nosocomi Marche Nord, di Area Vasta 3 -  4 -  5.

L’assistenza sociale nelle Marche in capo ai Comuni necessita di essere rafforzata perché ancora sottofinanziata rispetto alla media nazionale. La spesa sociale comunale pro-capite annua (€ 108) è del 13% più bassa, e molto differenziata su base territoriale (min. 59 €, max 169 €). Conta inoltre un livello medio di compartecipazione degli utenti più elevato (14.9% contro l’8.9% medio italiano). Significa che l’intervento sociale grava sulle famiglie per il 6.1% in più rispetto alla media nazionale. Nelle strutture residenziali per anziani, in particolare, questo è più che doppio rispetto alla  stessa media.  

Oltre al  potenziamento degli interventi a favore della non autosufficienza, da garantire anche  attraverso il varo di una nuova legge nazionale, nelle Marche  ci sarebbe bisogno di rafforzare in particolare: il servizio di assistenza per l’area minori e l’area famiglia; l’assistenza domiciliata integrata per disabili; gli asili-nido e i servizi per l’infanzia.

Nell’indispensabile affinamento del percorso dell’integrazione con l’area Sanità e quella Lavoro, sono cruciali le scelte sistemiche (coincidenza Ambiti territoriali Sociali e Distretti Sanitari) e organizzative (gestione associata dei Servizi) tese a migliorare le capacità di lettura dei bisogni emergenti (aree di povertà in aumento)  ad utilizzare in forma più equilibrata ed armonizzata le varie risorse, a cominciare da quelle di regime comunitario.

L’assetto complessivo del welfare non può prescindere da un riordino complessivo del nostro sistema previdenziale che ha bisogno di recuperare margini di equità garantendo 1) il recupero del reale  potere d’acquisto degli attuali trattamenti; 2) flessibilità in uscita dal lavoro rispetto agli attuali limiti d’età, valutando anzianità contributiva (41 anni), tipologia di lavoro e valorizzazione delle attività di cura (maternità, assistenza familiari); 3) pensioni dignitose in prospettiva ai giovani di oggi, anche attraverso il rafforzamento dello strumento della previdenza complementare. Fondamentale puntare a questi miglioramenti in un contesto come quello marchigiano dove il valore delle pensioni di vecchiaia,  d’invalidità e ai superstiti (tot. 517.423), nell’anno 2019 è risultato rispettivamente del 10.2%, del 7.8% e del 9.6%  più basso della media italiana.

Dal quadro delineato si evince come i necessari e robusti  investimenti sulle varie aree del welfare debbano costituire la base essenziale dell’infrastrutturazione sociale dello sviluppo sostenibile futuro per tutti i nostri territori.