Aziende chiuse e situazioni di crisi, l’industria metalmeccanica pesarese continua a perdere pezzi e posti di lavoro senza generare alternative. Aziende storiche per il territorio come il Cantiere Navale di Pesaro (50 dip. + 250 dip che lavoravano nell’indotto), la BVB del gruppo Marcegaglia di S. Lorenzo in Campo (100 dip), multinazionali come SWK nello stabilimento di Fano (80 dip), l’ultimo episodio di cronaca la King di Fano (45 dip) sono solo alcuni esempi di aziende che hanno avuto visibilità mediatica e aiuto istituzionale nel momento della loro chiusura, che però non possono essere viste nel loro singolo bisogno, perché nell’insieme ci dicono che il nostro territorio si sta impoverendo e che non ci sono alternative occupazionali senza industria. Ancora oggi ci sono tante situazioni di crisi in cui siamo intervenuti con la gestione dei contratti di solidarietà e di cassa integrazione; per citarne solo alcune ci preoccupa la situazione della Cima (90 dip) dove abbiamo un ritardo nel pagamento degli stipendi e siamo in attesa di incontrarci in regione sul piano industriale che deve presentare; ci hanno comunicato la chiusura della CF LIGHT Division di Pietrarubbia (40 dip.) che già versava in una difficile situazione finanziaria; problemi ci sono alla Lav Fer di Acqualagna (50 dip.) in cui l’azienda è in ritardo nel pagamento degli stipendi perché lo Stato è in ritardo nel pagamento degli appalti, alla PRB di Fermignano (100 dip) che ha un concordato in continuità, alla Tallarini di Orciano che ha problemi di accesso al credito. Tutte queste situazioni unitamente agli importanti numeri dell’artigianato (si sono persi circa 1500 posti di lavoro negli ultimi due anni e dove il pagamento della cassa integrazione è ferma ai primi mesi dell’anno) ci dicono che a tutti i livelli (locali e nazionali) e tra tutti i soggetti interessati (politica e istituzioni, parti sociali, soggetti formativi, ecc.) vanno prese decisioni per sostenere la buona industria, per riqualificarla, per farla continuare a vivere a discapito di un sistema che vede difficile l’accesso al credito, un passaggio generazionale spesso inadeguato, un elevato costo energetico e burocratico, poca disponibilità al rischio e agli investimenti, cause che spesso si scaricano alla fine sui dipendenti. Per tutte queste motivazioni come Fim Cisl abbiamo organizzato una manifestazione nazionale il 30 settembre davanti a Palazzo Chigi per portare la crisi davanti ai palazzi che contano, per dare la sveglia alla politica perché non c’è più tempo da perdere.