Gli occupati nella provincia di Macerata scendono nel 2016 di oltre due mila unità. Un calo che si scarica interamente nel lavoro dipendente, che passa nell’ultimo anno da 92.400 a 88.900 occupati, segnando la perdita di 3.500 posti di lavoro. Continua invece a crescere nel nostro territorio, anche se di poco, il lavoro autonomo. Il tasso di disoccupazione torna a crescere, assestandosi al 9.3%, inferiore alla media regionale del 10.6%, ma di certo ben lontano dal 4.3% del 2008.
Sono i dati peggiori dal 2013, l’anno nero della crisi. Dopo che il 2014 e il 2015 hanno segnato una tregua, consentendo un arresto della caduta verticale dell’occupazione, nel 2016 torniamo a registrare un generale e sensibile peggioramento, che assesta il nostro territorio in una condizione profondamente lontana e radicalmente diversa rispetto alla condizione pre-crisi. A farne le spese sono soprattutto giovani e donne . In particolare per le donne under 30 la situazione è drammatica.
Nella fascia 15-29 anni, il tasso di disoccupazione arriva al 26.9%, salendo di ben 4 punti percentuali nell’ultimo anno e assestandosi oltre la media regionale del 25.3%. L’incremento della disoccupazione si scarica soprattutto sul lavoro femminile. Nell’ultimo anno, il tasso di disoccupazione per gli uomini è sceso dal 7.9% al 7%, mentre per le donne è balzato dal 10.5% al 12.1%.
A soffrire di più sono soprattutto le giovani donne. Il tasso di disoccupazioni delle donne nella fascia 15-29 anni sale di quasi 13 punti percentuali nell’ultimo anno, arrivando a un allarmante 42.8%. È un dato drammatico, il peggiore di tutte le province marchigiane e spaventosamente alto rispetto alla media regionale del 29.6%. Considerato che le giovani donne hanno in media livelli di istruzione più elevati dei coetanei maschi, questo dato purtroppo conferma le ricerche già note sulla ridotta propensione del nostro sistema produttivo ad assumere giovani ad alta formazione.
I dati ci restituiscono nel complesso l’immagine di una provincia che ha smarrito il proprio percorso di sviluppo e che, in assenza di politiche in grado di sostenere l’inversione di tendenza, rivela di non riuscire ad agganciare gli spiragli di ripresa.
Servono investimenti forti per potenziare tutti i motori occupazionali, da quelli tradizionali a quelli innovativi. Abbiamo bisogno di più coraggio nell’area “ricerca e sviluppo” anche per accrescere la capacità del nostro sistema produttivo di assorbire i giovani ad alta formazione. Le connessioni tra scuola, università, mondo del lavoro che nel nostro territorio si iniziano a sperimentare devono crescere e diventare strutturali per favorire la transizione dalla formazione al lavoro. Servono politiche attive che accompagnino i giovani in cerca di lavoro e che affianchino chi perde il lavoro in un percorso serio ed efficace di ricollocazione. Servono sicuramente strumenti a sostegno degli investimenti necessari a sostenere queste linee di intervento e in tal senso non possiamo permetterci di disperdere le risorse del Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale e del Fondo Sociale Europeo.