L’accordo per lo stabilimento di Mirafiori firmato tra Fiat e sindacati metalmeccanici - con l’eccezione della Fiom - e approvato con referendum dai lavoratori, ha tenuto con il fiato sospeso il mondo produttivo e del lavoro italiano. Una vicenda complessa e delicata che ha visto premiati il coraggio e la responsabilità dei lavoratori che hanno scelto di scommettere sul futuro della più grande impresa privata italiana e su quello di un’intera comunità. La Cisl di Macerata dice si all’accordo di Mirafiori, così come ha detto si a quello di Pomigliano. La crisi economica sta trasformando il mondo nel quale siamo abituati a vivere. Questo richiede a tutti lo sforzo di un cambiamento che è prima di tutto culturale. Le regole della competizione globale impongono il recupero di produttività e competitività a tutto il sistema Italia. Servono nuove regole sindacali che, senza ridurre i diritti, contribuiscano ad aumentare la qualità delle prestazioni e delle competenze delle risorse umane, in vista di una concreta partecipazione del lavoro alle decisioni strategiche dell’impresa. Il dibattito sui diritti dei lavoratori non può essere catalizzato ed esaurito dalla vicenda di Mirafiori, i cui dipendenti, pur svolgendo un lavoro logorante com’è quello della catena di montaggio, erano e restano dei privilegiati. Se applicassimo il tanto vituperato accordo ai dipendenti delle imprese metalmeccaniche maceratesi, questi vedrebbero nettamente migliorate le loro condizioni di lavoro. Prendiamo ad esempio la pausa giornaliera, che l’accordo riduce da 70 a 60 minuti. Ad ogni modo è molto di più di quanto non possa godere un qualsiasi operaio delle nostre fabbriche dove, salvo rare eccezioni, non si fanno più dei 30 minuti di pausa previsti dal contratto collettivo nazionale. Pensiamo anche ai tanti dipendenti delle imprese del settore manifatturiero maceratese, impegnati da ritmi pressanti e da condizioni difficili, spesso anche privi della possibilità di svolgere attività sindacale nei luoghi di lavoro Mirafiori è stata caricata di significati che trascendono un conflitto sindacale che, sebbene emblematico, non può e non deve essere trasformato in uno scontro politico sulle sorti di un paese, tirando impropriamente in ballo questioni di libertà e di democrazia. E’ questo il retaggio, purtroppo ancora attuale, di una visione ideologica del rapporto tra lavoro e capitale, che il sindacato deve superare entrando nel merito dei problemi senza rinunciare ad esercitare il proprio ruolo. E allora parliamo di quelli che sono davvero gli “anelli deboli” del sistema. Sono 2.241 i lavoratori licenziati nel 2010 solo nella nostra Provincia. Di essi, 1.591 non godono di alcuna indennità sostitutiva della retribuzione. Sono 1.288 i lavoratori che, nonostante gli incentivi previsti dall’iscrizione nelle liste di mobilità, durante il 2010 non sono riusciti a ricollocarsi e che, scaduti i termini di permanenza nelle liste, scivolano silenziosamente fuori dal mercato del lavoro. Pensiamo infine al fatto che solo l’11% delle nuove assunzioni sono a tempo indeterminato. Un esercito di precari, per lo più giovani, con carriere discontinue e scarsa copertura previdenziale. Senza un sindacato coraggioso, in grado di raccogliere le sfide della modernità senza fare barricate, non può esserci ripresa. Senza ripresa non ci sarà lavoro, e senza lavoro non esisteranno più diritti da tutelare. Marco Ferracuti - Segretario Generale Cisl Macerata