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  • Sciopero alla Saipem di Fano per difendere il lavoro

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Un centinaio di manifestanti davanti ai cancelli della Saipem di Fano per lo sciopero di due ore organizzato stamattina da Femca Cisl, Filctem Cgil e Uiltec Uil, in coordinamento con le segreterie nazionali, per richiamare l'attenzione sul nuovo piano industriale del gruppo Eni: un piano che pone serie preoccupazioni sul futuro occupazionale dei 1200 addetti di Eni, Saipem e Syndial nelle Marche.

Le segreterie nazionali di Femca Cisl, Filctem Cgil e Uiltec Uil  chiederanno un incontro con il Governo, dato il ruolo importante che esso rappresenta in Eni, per esprimere le preoccupazioni per le scelte espresse che porterebbero Eni a concentrarsi solo su Oil e Gas e, in maniera preponderante all’estero, cedendo tutte le attività non legate al core-business e quindi le possibili ripercussioni negative sulla politica energetica, per la chimica, l’esplorazione, la produzione e distribuzione idrocarburi in Italia.

«Eni è un gruppo imprenditoriale che investe 6 miliardi fonte di crescita per il territorio pesarese ma anche ma per tutta l’Italia. - sottolinea Maria Grazia Santini, segretaria Femca Cisl Marche - Per questo chiediamo di aprire un confronto tra Governo, Eni e Sindacato per trovare tutte le soluzioni possibili per il mantenimento dell’occupazione. Non abbiamo bisogno di rassicurazioni ma vogliamo la certezza di veder garantito il lavoro per tutta la filiera produttiva, dall’estrazione alla vendita degli idrocarburi».

I sindacati chiedono che il Governo risponda non solo in qualità di azionista di riferimento, ma quale soggetto regolatore della politica industriale del paese. L’illusione è pensare che possano convivere crescita e deindustrializzazione. Che basti fare finanza o economia di nicchia, immaginando che la scomposizione delle filiere industriali, le delocalizzazioni, determinando risparmi, alla lunga non facciano un danno al paese.

Cedere la raffinazione per Eni significa in larga parte perderla; rinunciare alla chimica verde significa precludere un futuro all’Italia; abbandonare alcune attività di Saipem o la vendita del gas per usi civili e commerciali vuol dire determinare gravi problemi occupazionali, perdere contatto con il corpo vivo del paese e non coglierne per intero il valore industriale e sociale.

Sono questi i motivi per cui i sindacati di categoria ritengono  sbagliata l’impostazione dell’Eni e chiedono alla Presidenza del Consiglio ed al MISE; alle Commissioni di merito dei due rami del Parlamento ed ai Presidenti delle Regioni Interessate fino ai Sindaci, con i quali in questi anni hanno siglato  importanti accordi sia di sviluppo e riconversione come di risanamento ambientale, di condividere le nostre preoccupazioni e chiedere all’Eni di cambiare le sue decisioni.

In questo senso il coordinamento unitario Femca, Filctem e Uiltec – insieme alle Segreterie nazionali -, nel chiedere un incontro urgente alla Presidenza del Consiglio, ha indetto per il 5 dicembre a Roma una grande Assemblea pubblica nazionale di tutti i delegati del Gruppo Eni a cui verranno invitati i Presidenti delle Regioni, i Sindaci interessati, le Commissioni parlamentari Industria e Lavoro, le forze politiche. All'Assemblea nazionale interverranno i Segretari generali di Cgil, Cisl, Uil Camusso, Furlan, Barbagallo.

Comunicato nazionale Eni Saipem