Archivio : Il Punto di Stefano Mastrovincenzo

02/02/2017 Le Marche ferite, le Marche tenaci
Abbiamo negli occhi e nel cuore le immagini di mesi terribili per la nostra regione e per tutto il centro Italia: morti, feriti, distruzioni e un crescendo di danni umani, sociali, economici; un impatto che durerà per anni e che cambierà per sempre la vita di intere comunità, di interi territori. Alcuni marchigiani erano ospiti dell’Hotel Rigopiano e in questi giorni altri lutti si sono aggiunti per la nostra comunità regionale ai tanti già patiti per le scosse di agosto. L’attaccamento alla propria terra della gente marchigiana, laziale, abruzzese, umbra, in questa porzione di cuore del paese, è evidente. La CISL si pone con chiarezza a servizio della comunità regionale ferita, da un lato con una prossimità sul territorio a chi è ora più vulnerabile, dall’altro con una vigile e propositiva attenzione alla gestione istituzionale del post sisma, infine con una forte volontà di attivare iniziative solidali. Ce la caveremo, il nostro Paese dà il meglio in certi momenti; spesso non sappiamo poi trarne insegnamento, non riusciamo a far diventare prassi ordinaria quella capacità di impegno, di dedizione, di unità che dimostriamo di fronte a delle calamità o a delle grandi difficoltà. Il Presidente Mattarella presente lunedi 30 gennaio alla toccante cerimonia di inaugurazione del 681° Anno Accademico dell’Università di Camerino, ha confermato vicinanza e impegno delle istituzioni. Ma è indubbio che ci vorrà anche la solidarietà ed il sostegno degli Stati europei, dell’Unione Europea, di questa Unione un po’ acciaccata, un po’ egoista, un po’ disincantata, che spesso non dispiega a pieno tutte le sue grandi potenzialità. Ci vorrà anche un surplus di quella flessibilità finanziaria giustamente richiesta dall’Italia alla Commissione Europea per far fronte ai colpi violenti inferti dal sisma. Ci vorrà una capacità del Governo e del Parlamento di dare seguito alle progettualità delineate per una ricostruzione piena, fatta nella legalità e nella sicurezza, collocandola in una più generale riqualificazione di tutto il patrimonio edilizio del Paese, pubblico e privato, e in una manutenzione costante del patrimonio ambientale e culturale. Bisogna essere obiettivi : le distruzioni sono cosi pervasive e diffuse, il territorio colpito è così vasto, la distribuzione antropica e l’orografia così articolate, le sequenze sismiche così ripetute, gli eventi meteo così pesanti che solo uno sforzo titanico prolungato nel tempo potrà consentire di affrontare le sfide dell’emergenza e della ricostruzione. Allo stesso tempo sappiamo che l’esasperazione tra le persone sfollate, tra cui abbiamo anche molti nostri iscritti e delegati, è cresciuta, e noi vogliamo dar loro voce, con responsabilità ma con fermezza. Lo stress psicologico si unisce alle difficoltà concrete di tutti i giorni, allo sradicamento dal proprio territorio, alla lacerazione di legami sociali, alla perdita di speranza rispetto al futuro. E le risposte sono talvolta non all’altezza. Qui nelle Marche servirà tutta la capacità della struttura politica e amministrativa della Regione, di impegnare in modo efficace e innovativo le risorse assegnate tramite i Fondi nazionali ed europei, a partire da quelli per le Aree interne, attrezzandosi meglio sul piano della macchina organizzativa; una Regione che sappia decidere certo, ma senza sottovalutare ascolto, confronto, condivisione con gli attori istituzionali locali, con le strutture della conoscenza e della ricerca, con le espressioni della rappresentanza sociale. A livello nazionale bisogna accelerare con le modifiche normative da noi più volte avanzate su ammortizzatori, busta paga pesante, sospensione contributi previdenziali, scuola e trasport; è necessario fornire una programmazione chiara sulla installazione delle nuove aree abitative temporanee. Sono proposte che, con varie iniziative sul territorio, spesso insieme a Cgil e Uil, abbiamo sollecitato più volte in questi mesi, verso Governo, Parlamento, Regione. Abbiamo anche manifestato la necessità di ragionare sulla prospettiva, per contribuire a disegnare un progetto di rilancio dei territori colpiti, che dovrà essere un progetto di sviluppo per il futuro delle Marche e del centro Italia, appenninico e non solo: produzioni, ambiente e sostenibilità, tutela del territorio, materiali e modalità innovative per costruire, beni artistici e culturali, turismo, reti stradali e reti immateriali, reti del welfare, dalla sanità al socio-sanitario all’istruzione. Dentro c’è tutto perché tutto va ripensato insieme; è l’unica chance perché dal dramma possa sbocciare una opportunità. L’Italia non può permettersi che un’area compresa da segmenti che idealmente uniscono Rieti all’Aquila, a Pescara, ad Ancona, a Perugia, possa prendere una deriva verso il declino o anche solo un percorso fatto di pezze messe qua e là per “tirare a campare”. A questo scopo, come grande forza sociale, la Cisl continuerà a dare il suo contributo di prossimità, di solidarietà, di proposta.
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29/09/2016 Previdenza: intesa positiva con contenuti di equità
L’intesa firmata ieri tra Governo e Sindacati sui temi previdenziali è positiva e significativa: da un lato avvia un percorso di revisione di alcuni aspetti della Legge Fornero- Monti,  come il mondo del lavoro aveva chiesto da tempo con articolate proposte sindacali e manifestazioni molto partecipate; dall’altro introduce elementi di equità e solidarietà prevedendo misure per i lavoratori che sono stati impiegati in attività faticose, per i giovani che potranno ricongiungere contributi versati in gestioni diverse, per i pensionati a più basso reddito, per una parte di lavoratori cosiddetti “precoci”. È un’intesa che parla a generazioni diverse e che ha un valore nel suo complesso e per le varie misure particolari. La Cisl ha perseguito con determinazione questo risultato con capacità di proposta e di negoziazione nei confronti del Governo, che per un lungo periodo non è stato incline al confronto, in un quadro complesso di finanza pubblica. Positivo che l’intesa sia stata raggiunta dalle tre sigle confederali unitariamente. Ora è necessaria una diffusa e corretta informazione ai lavoratori, ai pensionati, ai giovani ed un impegno ancora più forte per la prosecuzione del confronto sugli altri temi aperti, in particolare sul rilancio della previdenza complementare, sulla valorizzazione del lavoro di cura ai fini previdenziali, sulla revisione di alcuni aspetti del sistema contributivo ancora particolarmente penalizzanti. Su questo la Cisl, a tutti i livelli, conferma il suo impegno e produrrà il massimo sforzo organizzativo di Stefano Mastrovincenzo 29 settembre 2016
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15/08/2016 Cooperazione e partecipazione, leve di nuovo sviluppo
Gli anni della crisi hanno visto la contrazione degli spazi di partecipazione e delle energie di cooperazione, quella che il sociologo americano Richard Sennet ha identificato come una  “forte riduzione della capacità di cooperare e di agire insieme per uno scopo comune”. Per una comunità, grande o piccola, locale o internazionale, smarrire il senso e la volontà di cooperazione significa rinunciare a cercare di mettere insieme persone o gruppi che hanno interessi diversi e distinti, che non sono in situazione paritaria, che hanno incomprensioni tra loro; rinunciare alla possibilità di considerare anche il punto di vista dell’altro nella scelta della propria posizione e nella ricerca di soluzioni. Una rinuncia che però rischia di trasformarsi in un gioco a somma negativa, in cui nessuno può dirsi vincitore, o in cui tutti rischiano di perdere: per il buon funzionamento delle società complesse è necessario affrontare e gestire i conflitti, riscoprendo la capacità dialogica e le abilità tecniche della collaborazione che rendono più agevole il portare a compimento i processi in realtà composite e articolate. Se pensiamo all'asprezza degli scontri e alla difficoltà di ricercare obiettivi comuni che abbiamo riscontrato in questi anni, sia in politica che in realtà economiche e sociali del nostro Paese, ritroviamo traccia di questo smarrimento delle competenze di cooperazione. Certo la crisi ha inciso profondamente sull'emersione di queste tendenze, contraendo le risorse a disposizione, aumentando le disuguaglianze e spingendo, in ogni campo, a partire dall'economia, a traguardare orizzonti temporali sempre più brevi per ottenere risultati di successo. Il mito della velocità come condizione di efficienza ed efficacia delle scelte, incluse quelle di politica pubblica, è alla base anche di un altro fenomeno che sta interessando varie democrazie occidentali: la tendenza alla disintermediazione, ossia la volontà di indebolire le associazioni di rappresentanza degli interessi collettivi, descritte come ostacolo alla rapidità decisionale e superflue per la stessa democrazia, per ricercare un rapporto diretto tra governo e cittadino (o tra singolo datore di lavoro e lavoratore). Sono stati in effetti anni di crescenti complessità, incertezza e rapidità nei cambiamenti nei processi economici e sociali, che hanno favorito, anche nel nostro Paese, stili di governo, a livello centrale e territoriale, più attenti alla comunicazione, inclini alla velocità delle decisioni, meno disponibili al dialogo con le opposizioni o le rappresentanze sociali. Governi regionali e locali hanno spesso attuato accelerazioni sull'emanazione di provvedimenti legislativi e/o amministrativi e semplificazioni comunicative nella  attribuzione di responsabilità ai loro potenziali interlocutori.      Secondo De Rita al posto dei marginalizzati enti intermedi hanno però preso spazio “i più svariati operatori di un lobbismo strisciante e particolaristico, incapace di ragionare in termini di interessi generali”, ma  di condizionare  in modo negativo la politica. In questi anni la Cisl, che ha nel suo dna il rifiuto di ogni condotta ideologica o pregiudiziale verso istituzioni, forze politiche, imprese, ha più volte fatto appello agli attori politici e sociali perchè non restassero prigionieri di posizioni datate e conservative. Ma allo stesso tempo abbiamo sostenuto il valore e la forza della contrattazione (e della concertazione), come assunzione concordata di responsabilità per raggiungere obiettivi condivisi, come veicolo di partecipazione e qualificazione della democrazia, oltre che concreta leva per la crescita della produttività e della qualità. Per questo negli anni scorsi abbiamo evidenziato il rischio di azzeramento del dialogo sociale, considerato un valore in Europa e che in altri paesi ha rappresentato un elemento di equilibrio e propulsione.  Per questo abbiamo sempre presentato valutazioni di merito sui provvedimenti che, senza confronto sociale, venivano adottati. Per questo, pur consapevoli della necessità di radicale cambiamento che interroga tutte le organizzazioni sociali e quindi anche noi, abbiamo respinto i disegni caricaturali con cui è stato talvolta rappresentato il sindacato confederale italiano da semplificazioni politico-mediatiche non sempre genuine. Per questo abbiamo chiesto provvedimenti a sostegno della contrattazione di secondo livello per favorire la detassazione dei premi salariali e contemporaneamente ci stiamo spendendo per rinnovare i contratti nazionali di lavoro. Per questo stiamo proponendo di rafforzare il partenariato tra le parti sociali per adeguare la qualificazione di imprenditori e lavoratori, per offrir loro servizi adeguati, per favorire cooperazione e partecipazione nei sistemi lavorativi. Per questo, insieme agli altri sindacati, abbiamo proposte per innovare il sistema contrattuale e di rappresentanza, per flessibilizzare l’accesso alla pensione, valorizzare la previdenza integrativa, innalzare le pensioni minime, combattere il lavoro nero, potenziare le politiche attive del lavoro, riattivare la contrattazione nel sistema pubblico come strumento per innovare la pubblica amministrazione…  Per questo abbiamo colto con interesse, col nostro consueto pragmatismo costruttivo, l’avvio del confronto da parte del Governo su lavoro, sistema pensionistico, contrattazione nel pubblico impiego. Per questo stiamo mettendo tutto il nostro impegno, perchè si arrivi su questi e altri temi, a soluzioni condivise ed efficaci per i cittadini, il mondo del lavoro, il Paese.  Per questo anche a livello regionale e locale approfondiamo temi, elaboriamo proposte, sollecitiamo dialogo tra istituzioni, parti sociali, realtà del volontariato, convinti che le Marche non debbano rattrappirsi nel rimpianto di un’epoca d’oro che non tornerà; che debbano innovare cogliendo il potenziale di generatività, i segni di futuro che sono sbocciati numerosi durante la crisi, e rammendare però al contempo il tessuto di comunità. La collaborazione, afferma Sennett, è inscritta nei geni degli esseri umani, ma non va confinata a comportamenti di routine. Ecco, noi siamo certi  che la tendenza alla cooperazione, alla partecipazione, nel mondo del lavoro e dell’economia, come nella politica, sia essenziale e non vada trascurata, che abbia bisogno di essere coltivata, sviluppata e approfondita, valorizzando anche le esperienze e le forme di consumo, lavoro e finanza innovative e cooperative che si stanno sviluppando anche, ma non solo, grazie alla rete.  De Rita ha parlato di “avvio silenzioso di un processo di nuova vitalità dei soggetti intermedi”; come Cisl, a livello nazionale come nelle Marche, crediamo di poter dare un contributo in questa direzione, al servizio del mondo del lavoro, delle  realtà sociali in cui operiamo, del bene comune. di Stefano Mastrovincenzo 12 agosto 2016
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01/06/2016 2 Giugno 1946 - 2016: settant'anni di Repubblica
70 anni di Italia repubblicana e costituzionale  2 giugno 1946: nasce la Repubblica Italiana. Dopo la dittatura fascista, la tragedia della guerra, la lotta di liberazione, l’Italia sceglie. Il referendum istituzionale vede la vittoria dei repubblicani con il 54,3% dei voti contro il 47,7% dei monarchici. Per la prima volta in Italia votano anche le donne. Il passaggio dalla monarchia alla Repubblica avviene in un clima di tensione, tra polemiche sulla regolarità del referendum e accuse di brogli. Avviene in un Paese fragile con istituzioni democratiche tutte da costruire, “sorvegliato a vista” dalla potenze alleate, con gli inglesi favorevoli a confermare la monarchia come argine al comunismo e gli americani più propensi a rimettere al corpo elettorale la scelta sulla forma dello Stato. Avviene in un Paese profondamente diviso tra un Nord repubblicano e un Sud monarchico. In questo contesto, il 2 giugno 1946 ha rappresentato non solo un passaggio obbligato per la soluzione della questione istituzionale e la definizione degli equilibri politici, ma soprattutto un nuovo inizio, il fondamento di un nuovo corso democratico e di cittadinanza costituzionale. Fare memoria oggi di questo “spirito costituente” porta inevitabilmente a guardare con attenzione, interesse, partecipazione il percorso della revisione costituzionale su cui gli italiani saranno chiamati ad esprimersi con referendum nel prossimo autunno; porta a leggere con sconcerto il livello di tensione sempre più evidente, che va assumendo le forme di una lotta senza quartiere sulla permanenza in carica dell’attuale Governo; porta a ribadire che La Costituzione è e deve rimanere il patto condiviso sui valori e le regole della nostra convivenza civile e politica, e bisogna evitare di trasformarla in terreno di scontro politico contingente. È necessario allora che il confronto venga riportato sui contenuti della riforma costituzionale, e si garantisca una informazione ampia e corretta perché il voto popolare possa essere esercitato in modo davvero libero e consapevole. 70 anni di Italia repubblicana ed europea 2 giugno 1946: l’Italia repubblicana inizia un lungo cammino di profondi mutamenti culturali, sociali, politici ed economici. L’Europa ha rappresentato, in questo non facile percorso, un riferimento costante: l’Italia, anche grazie al suo insostituibile contributo politico e di riflessione, ha visto progressivamente concretizzarsi il sogno dell’integrazione europea. Oggi viviamo immersi nel disincanto di un’Europa che mostra i suoi limiti, soprattutto nell’incapacità di prefigurare, con una politica sociale ed economica comune, percorsi di nuovo sviluppo e di inclusione, e di affrontare in modo responsabile e condiviso il dramma dei migranti....un’Europa a cui Papa Francesco ha augurato di saper dare la luce ad un nuovo umanesimo basato sulla capacità di integrare, la capacità di dialogare e la capacità di generare. Dare un contributo al rilancio di un’Europa “famiglia di popoli” vuol dire per il nostro Paese riscoprire e far respirare l’anima più profonda e vitale della sua Costituzione repubblicana, quella fondata sul lavoro, come elemento di dignità personale e di contributo al benessere sociale, fondata sul valore della persona,  sulla partecipazione, sulla solidarietà. 70  anni di italiane cittadine della Repubblica 2 giugno 1946: per la prima volta le donne italiane sono chiamate alle urne. È un traguardo sofferto e conquistato attraverso un lungo percorso di lenta trasformazione della condizione, del ruolo e dell’immagine della donna. È davvero il momento della svolta che apre le porte della partecipazione politica e democratica alla componente femminile del Paese, fino ad allora esclusa per quell’idea che il prevalere della dimensione emotiva ne avrebbe compromesso la capacità di decidere e legiferare. L’affluenza femminile al voto è altissima in tutta la penisola e 21 donne vengono elette all’Assemblea Costituente. Quelle 21 donne, pur provenendo da percorsi politici differenti, sono accomunate dalla volontà di dare voce e rappresentanza alle istanze del mondo femminile italiano, di segnare l’affermazione delle donne come soggetto imprescindibile della vita politica e sociale del Paese. È anche merito delle donne Costituenti se la nostra Carta costituzionale offre risposte alle richieste di uguaglianza tra i sessi, parità di tutele lavorative per le donne, sostegno familiare, garanzie per la maternità e pari opportunità formative e professionali per lavoratori e lavoratrici.  E’ merito delle tante donne impegnate nel sindacato e nell’associazionismo, che si sono battute in questi anni per una pari dignità tra uomini e donne, se altri diritti sono stati riconosciuti e varie tutele hanno trovato realizzazione anche grazie alla contrattazione, pur se ancora sono forti i divari tra uomini e donne nel tasso di occupazione, nei livelli retributivi, nelle possibilità di crescita professionale. Il 2 giugno 1946 è un tornante fondamentale del percorso italiano di emancipazione femminile, con il riconoscimento dei diritti politici delle donne che costituì uno degli elementi fondativi della nostra Repubblica. 2 giugno quindi come giornata in cui fare memoria e al contempo ribadire e rinnovare gli impegni per una piena parità tra uomo e donna,  per promuovere politiche di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, per investire nei servizi a sostegno della genitorialità, per favorire nuove opportunità di crescita in una società che sia più inclusiva, aperta, solidale. di  Stefano Mastrovincenzo 2 Giugno 2016   
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05/04/2016 Previdenza: per una riforma nel segno della coesione e dell'equità
Eravamo in tanti, sabato 2 aprile alle manifestazioni organizzate, in tutta Italia, da Cgil – Cisl – Uil per chiedere la modifica della Legge Fornero sulla previdenza. Ad Ancona oltre 4.000 persone in corteo arrivate da tutte le Marche. Una partecipazione ampia, responsabile, motivata, colorata: una piazza che ha unito anziani e giovani, uomini e donne, italiani e immigrati. È evidente che il tema della previdenza sia molto sentito: un tema su cui si discute da decenni; su cui da decenni si interviene con misure di vario genere finalizzate a razionalizzazioni, omogeneizzazioni, risparmi. In alcuni casi con interventi discussi e concordati con le organizzazioni sociali come nel caso della riforma Dini del 1995, frutto di un accordo tra governo tecnico e sindacati; in altri con interventi unilaterali effettuati dal Governo di turno, fino alla legge Monti-Fornero, che nel dicembre 2011 ha irrigidito e elevato in modo drastico e inedito i requisiti per accedere al pensionamento. Un sistema con forti dosi di iniquità, privo di flessibilità, sentito come ostile da gran parte dei cittadini: è il prezzo che stiamo pagando per avere i conti in sicurezza, anche per il futuro, tanto più dopo questi anni di crisi, in cui disoccupazione e precarietà sono cresciute. Se si pensa che in una regione come le Marche, già oggi oltre il 62% delle pensioni è inferiore ai 750 euro lordi, possiamo comprendere che effetto potrebbero dare, in prospettiva, periodi di stop lavorativo combinati con il calcolo previsto dal sistema contributivo e con il meccanismo perverso dei coefficienti di rivalutazione. In sintesi, un graduale e costante abbassamento delle coperture previdenziali. La cosa sarebbe ancora più pesante per coloro (molti giovani, ma non solo) che sono impegnati nelle tante tipologie di lavoro con bassa o nulla tutela previdenziale. Tanti altri sono i nodi insoluti: la questione “esodati”, non ancora del tutto risolta; le scarse tutele previste per chi fa lavori davvero usuranti; il riconoscimento del lavoro di cura delle donne; la previdenza complementare, che meriterebbe di essere fortemente rilanciata ed ha invece subito un improvvido aumento di tassazione con la Legge di Stabilità per il 2015. Serve quindi ascolto da parte di Governo e Parlamento per le istanze che salgono dalle piazze del 2 aprile, e che da tempo il sindacato confederale ha raccolto ed elaborato in proposte articolate ed equilibrate. Servono ascolto e capacità di confronto per arrivare in tempi brevi ad una riforma della previdenza che, con le necessarie gradualità e non abbandonando la via della sostenibilità economica, garantisca flessibilità e rispetto delle scelte personali, restituisca un respiro di equità, rilanci tramite il lavoro la solidarietà tra le generazioni. 5 aprile 2016 - Stefano Mastrovincenzo
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29/02/2016 Rete e innovazione per progettare il futuro del territorio
Le Marche, come tutto il Paese, hanno affrontato anni difficili; la consolidata immagine di regione della laboriosità, della coesione sociale, del vivere bene, si è andata via via appannando. La violenta recessione è andata a sommarsi ad una crisi strutturale di quei fattori che avevano contribuito all’instaurarsi dei miti marchigiani del “piccolo è bello” e dello “sviluppo senza fratture”. Una fase si è conclusa e, pur in presenza di alcuni segnali esterni positivi, non si intravede l’avvio di un nuovo ciclo di trasformazione e dinamismo socio-economico: la disoccupazione resta significativa, i consumi ripartono lentamente, il credito è ancora stagnante, la capacità di spesa delle amministrazioni locali si riduce, sugli investimenti interni ed esteri ci sono previsioni al ribasso. Se aggiungiamo la specializzazione prevalente in settori produttivi tradizionali, la scarsa managerializzazione delle imprese, le difficoltà nel ricambio generazionale, la riluttanza di molte piccole imprese ad accogliere persone con skill professionale elevato, nonché servizi e dotazioni infrastrutturali immateriali non sufficienti, il piatto del possibile declino è servito. Non è più come prima, non possiamo indugiare nella nostalgia di tempi andati, di situazioni accadute che non si ripresenteranno, nè possiamo riporre speranze in grandi idee risolutrici o in pianificazioni miracolose: dobbiamo ricercare nuove fonti di valore e di sviluppo per le nostre comunità, per i nostri territori. Alla razionale preoccupazione per il futuro, dobbiamo affiancare la capacità di valorizzare gli elementi di dinamismo e innovazione che pure sono presenti in una parte del nostro sistema produttivo e sociale: un potenziale scarsamente sfruttato che può invece essere utile a riposizionare in modo efficace il sistema-Marche sulla catena del valore internazionale. Credo che le Marche possano e debbano avere l’obiettivo prioritario di investire nel “capitale di rete” o “di connessione” sui territori: reti tra imprese, università, parti sociali e altre agenzie formative; reti tra città (sia per la gestione associata dei servizi che per cooperare ai fini dello sviluppo); reti tra pubblico e privato per l’innovazione digitale, reti tra servizi pubblici e privati per le politiche attive del lavoro. Alla classe politica, che negli anni ha troppo spesso tollerato se non promosso degli eccessi di localismo e frammentazione, si chiede di svolgere un convinto ruolo di “incubatore”, di “acceleratore” di questa costruzione di reti, con e tra i soggetti istituzionali, sociali ed economici del territorio. Un territorio che deve essere inteso come attore sociale collettivo, capace di condividere scelte progettuali, interessi, risposte ai bisogni, per generare efficienza e limitare le disuguaglianze. Oltre che nei protocolli formali, il partenariato deve essere pienamente assunto come metodo di una vera programmazione “a rete” per condividere idee e progetti di sviluppo locale. Per questo come organizzazioni sociali, a partire da quelle dell’impresa e del lavoro, dobbiamo essere ancora più consapevoli del valore e del potenziale generativo della nostra azione sussidiaria. Dobbiamo essere in grado di leggere, interpretare, prendere meglio in carico le vulnerabilità di coloro che a noi si rivolgono e delle loro famiglie: assumere questa consapevolezza vuol dire rafforzare la capacità di “farsi prossimi”, che è fondativa ed al contempo vitale sia per il sindacato confederale, che per le associazioni della piccola impresa e del terzo settore.
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25/11/2015 Costruire il rinnovamento e investire nel protagonismo dei giovani
Dare voce e rappresentanza alle istanze dei giovani, dare spazio alle loro progettualità di vita e di lavoro, è un obiettivo cruciale  per il  sindacato ed in generale per il nostro paese. Semplificare e generalizzare è sempre sbagliato, ancor più se si parla di giovani. Tentare, con umiltà e attenzione, di mettersi in ascolto ed elaborare chiavi interpretative è necessario. I giovani oggi affrontano percorsi di autonomia e di definizione della propria identità più complicati che nel passato, in una realtà sociale più fragile e frammentata, ove si convive con incertezza e complessità crescenti; a fronte di orizzonti comunitari più evanescenti, i giovani si trovano ad affrontare una pluralità di tragitti di formazione e lavoro, nell’impegno per la costruzione del proprio progetto di vita, spesso in solitudine e con un crescente spaesamento.  Secondo una ricerca Demopolis - IAL nazionale,  per i cittadini italiani fra i 18 ed i 34 anni, “il lavoro è oggi priorità esistenziale, dimensione stessa dell’identità personale, condizione necessaria e non eludibile per la progettazione del futuro”. Fra gli aspetti che mettono più in difficoltà le nuove generazioni, l’84% dei giovani intervistati, indica al primo posto l’incertezza sull’Avvenire; 7 su dieci segnalano la temporaneità del lavoro e la mancanza di un reddito adeguato, ma anche la discontinuità della retribuzione. Oltre 6 intervistati su 10 immaginano, probabilmente non a torto, “che occuperanno in prospettiva nel nostro Paese, una posizione sociale ed economica decisamente peggiore rispetto a quella della precedente generazione..”. Giovani più capaci di stare nell’incertezza ma, forse al contempo, esposti al rischio che troppa incertezza produca angoscia e difficoltà di guardare al futuro, di esser sempre di più schiacciati sul presente.   Si tratta di tendenze che possono indurre i giovani all’adattamento al ribasso delle proprie competenze, al rinvio,  se non alla completa rinuncia, delle proprie progettualità di vita e lavoro. Al disagio vissuto sul piano personale si aggiunge il rischio di disperdere un potenziale di imprenditività, aspetto significativo in una società in cui lavoro “non c’è” ma è da generare. In tale situazione è più difficile anche costruire forme di appartenenza (che chiedono ingaggio, progetto, riconoscimento) e di partecipazione; di fronte a questi tragitti frammentati, individualizzati, è infatti più difficile per i giovani il rappresentare se stessi dentro racconti comuni. Ed al contempo per le organizzazioni è difficile la costruzione di osservatori, di forme di rappresentanza. Per questo molti giovani possono essere indifferenti verso organizzazioni come il sindacato confederale, per poca conoscenza o scarsa consuetudine; per questo la Cisl crede che sia necessario e possibile ritessere e consolidare il rapporto con i giovani: nella sua recente Assemblea Programmatica ha individuato questa come un’area prioritaria di impegno sin dai prossimi mesi. I giovani vanno ascoltati di più, per conoscere la ricchezza e la complessità dei loro mondi. va favorita la loro voglia di partecipazione anche tramite forme flessibili e innovative di appartenenza al sindacato, bisogna aver cura di loro quando affrontano difficoltà, solitudini e vuoti di tutela nei primi accessi al lavoro. Per questo come Cisl abbiamo deciso di mettere in gioco energie umane, competenze e risorse necessarie per attivarci in forma diretta sul fronte dei servizi per il lavoro (informazione, consulenza, orientamento, formazione, fino al matching domanda-offerta) e rispondere al bisogno di accompagnamento, dei giovani e non solo, nelle faticose transizioni dal sistema formativo al mondo del lavoro e all’interno del mondo del lavoro. Abbiamo deciso di essere più presenti nelle scuole e nelle università, con percorsi formativi che mettano al centro la dimensione valoriale del lavoro, sostengano le capacità di orientamento degli studenti, offrano esperienze utili di alternanza scuola-lavoro e di tirocinio. Costruire il rinnovamento e investire nel protagonismo dei giovani sono oggi sfide necessarie per il sindacato così come per tutte le organizzazioni del nostro paese, esposte al rischio di invecchiamento e di perdita di rappresentatività. La Cisl continuerà con maggior decisione ad investire nell'inserimento di nuovi giovani nell’organizzazione; continuerà a valorizzare i giovani attivisti e delegati che già operano nei luoghi di lavoro attraverso la formazione e la graduale assunzione di responsabilità. Ad animarci è la fiducia nel valore dell’intergenerazionalità e la volontà di preparare la consegna del futuro della nostra organizzazione ai giovani.
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31/07/2015 Per la qualità della partecipazione e del confronto
La firma dell’intesa tra Regione e Cgil, Cisl, Uil sulla qualità della partecipazione e del confronto, è un segnale positivo, in questo periodo in cui il dialogo con le parti sociali viene visto spesso con indifferenza se non con insofferenza da alcuni dei politici chiamati alla guida del paese e delle nostre amministrazioni periferiche. Al neo presidente della Regione Marche, Luca Ceriscioli, abbiamo da subito proposto un elenco di priorità per la nostra comunità regionale e un metodo per confrontarsi sulle stesse, senza pretese di pansindacalismo o di condizionare l’amministrazione scelta dai marchigiani. La dichiarazione del Presidente Ceriscioli  “il confronto migliora la qualità delle scelte” è  di buon auspicio, e andrà verificata nelle scelte che saranno operate. Crediamo da sempre in una democrazia che sia profondamente innervata dalla dimensione sociale, crediamo nel valore di cittadini, di lavoratori che si associano per tutelarsi ma anche per promuovere la crescita economica, sociale, culturale del paese. Aveva ragione Aldo Moro quando diceva che “Senza che diventi sociale, la democrazia non può essere neppure umana, finalizzata all’uomo cioè con tutte le sue risorse e le sue esigenze. Se essa resta strettamente politica, angustamente politica, questo raccordo con l’uomo,… diventa estremamente difficile ed, ove pure risultasse stabilito, si rivelerebbe effimero e poco costruttivo”. Per questo plaudo al Presidente Mattarella che in questi giorni ha sottolineato come le riforme necessarie debbano avere “due obiettivi, l’efficienza e la partecipazione…..la democrazia deperisce quando non vi è partecipazione o quando questa decresce, e quando il processo decisionale è inconcludente o privo di efficienza». Questa è anche la nostra convinzione e il nostro auspicio; non ci interessa la pratica di vecchie liturgie negoziali e di veti incrociati; crediamo di poter contribuire al cambiamento necessario, dialogando, contribuendo  all’elaborazione di idee e progetti, cercando di definire obiettivi condivisi e cooperando per raggiungerli,  assumendoci allo scopo precise responsabilità. Le priorità, come dice l’intesa firmata con la regione, sono in primo luogo il Lavoro, con un approccio trasversale e integrato che consenta di individuare in ogni iniziativa, in ogni settore, su ogni tema, le possibilità di sviluppo per tutelare, promuovere, creare buona occupazione; la promozione della salute e della coesione sociale come elementi basilari dell’azione amministrativa e di rappresentanza sociale; la necessità di favorire la costruzione di reti, aggregazioni, razionalizzazioni, che migliorino l’efficienza e la qualità del servizio ai cittadini da parte della Pubblica Amministrazione ai vari livelli. E’ stato in parte già predisposto il calendario di incontri sulle questioni piu’  urgenti; ora contiamo di passare dalle parole ai fatti. 31 Luglio 2015 - Stefano Mastrovincenzo
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20/07/2015 Se c'è chi soffia sul fuoco....
Pure le liste di proscrizione e l’olio di ricino vengono evocati dal vice presidente del Consiglio regionale delle Marche, il leghista Zaffiri, contro gli uomini delle istituzioni, come il Prefetto di Roma Franco Gabrielli,  che stanno gestendo la distribuzione dei profughi nei vari territori. E’ cosa nota che, specie in tempi di crisi, aumenti il rischio di contrapposizioni semplicistiche e sterili e sia più facile parlare alla pancia che alla testa o al cuore delle persone; infatti l’esponente politico della Lega lo ammette, si giustifica dicendo che non ci sono liste, che si tratta di un suo parlare un po’ folcloristico, ma che la sua gente vuole “parole forti”. Mario Calabresi sulla Stampa un mese fa ha ricordato le cifre della “presunta invasione”, sottolineando come le quantità di profughi accolte in questi anni da paesi come la Turchia o il Libano siano 100 o 1000 volte maggiori di quelle su cui si stanno accapigliando i 28 paesi dell’Unione Europea, con manifestazioni, scontri, frontiere chiuse a tratti, muri di sbarramento in costruzione. La complessità delle situazioni prossime all’Italia e all’Europa è enorme; dalla Siria all’Iraq, dalla Libia ai paesi del Corno d’Africa, all’Ucraina… Conflitti, dittature, Stati smembrati, attentati terroristici, esecuzioni di massa. Potenti interessi economici, intolleranze religiose, persecuzioni politiche, odi razziali costituiscono una miscela che consente le peggiori nefandezze. Due cose dobbiamo chiederci: in primo luogo quanta responsabilità abbiamo come paesi europei e in generale occidentali, nell' aver contribuito ad accrescere, con le nostre scelte geopolitiche, economiche e militari degli ultimi quindici anni, il livello di disordine e conflittualità nelle aree prossime all' Europa ? Inoltre, chi di noi trovandosi in una condizione di violenza, di fame, di distruzione, di torture, protratta per anni, non penserebbe a fuggire portando in salvo sé stesso e la propria famiglia ? Certo bisogna applicare le leggi e verificare l’ammissibilità o meno delle domande di protezione per motivi umanitari, politici o religiosi, sapendo che molti dei richiedenti asilo puntano tra l’altro a raggiungere mete diverse dall’Italia. Certo bisogna controllare che le organizzazioni che prendono in carico i profughi adottino criteri di trasparenza ed efficienza nella gestione delle risorse. Nelle Marche ci sono finora circa 2400 profughi, le risorse arrivano dallo Stato e restano sul territorio ospitante per i bisogni di casa, cibo, vestiario, salute delle persone ospitate. Non possiamo rimuovere la complessità, chiudendoci nelle nostre presunte certezze, alimentando paura e ostilità verso la diversità, dimenticando anche i milioni di italiani emigrati per cercare altrove pane, lavoro, spesso tra discriminazioni e sfruttamento. Per fermare la tratta di esseri umani e le stragi in mare non basta aumentare controlli e mezzi alle frontiere; bisogna rafforzare la diplomazia in situazioni di conflitto e riavviare una corretta cooperazione allo sviluppo. E poi dovremmo ragionare sulle scelte politiche e gli strumenti giuridici necessari per perseguire una solidarietà sostenibile, capace di abbinare diritti‐doveri, rispetto della dignità, responsabilità e legalità, di disinnescare conflitti sociali deleteri per la tenuta del sistema economico, della democrazia e della convivenza civile. La Cisl è stata e sarà ancora tra i soggetti che contribuiscono a questa riflessione e a questa evoluzione civile e che si opporrà con fermezza agli atteggiamenti di coloro che, avendo cariche pubbliche, stuzzicano i peggiori istinti del nostro popolo, fomentano ostilità e rancore sociale, invocano l’olio di ricino per chi fa il proprio dovere. Da parte di tutti coloro che esercitano un ruolo pubblico, sia esso politico, sociale o religioso, servono  discernimento, responsabilità, capacità di visione e di coesione. 20 luglio 2015 - Stefano Mastrovincenzo
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27/06/2015 Mastrovincenzo al Corriere Adriatico: "Alle imprese serve più coraggio"
Niente scatto. Se è ripartenza di certo è tutta in salita. Bankitalia dà l’impennata della pendenza: nelle Marche la crisi s’è pagata più che altrove. Il presidente di Confindustria Bucciarelli ripartisce il peso della sopportazione tra dipendenti e imprese: della serie, hanno sofferto tutti e tanto. Le previsioni di viaggio, tuttavia, azzardano un “che sia la volta buona per farcela”. Ma la nuova cabina di regia parte col freno tirato: per il governo Ceriscioli risorse in calo e domande di assistenza sociale e di sostegno ai settori produttivi in crescita esponenziale. Il segretario generale della Cisl Marche, Stefano Mastrovincenzo, procede in cordata: “La previsione di investimenti pubblici e privati nelle Marche è inferiore al resto d’Italia e così l’occupazione languirà ancora”. Avanti pianissimo, con un sistema produttivo provato e una tenuta sociale a rischio.  L’affermazione di Bankitalia non fa altro che confermare ciò che come sindacati confederali diciamo da tempo: questo territorio ha pagato in proporzione più di altre regioni.àà Le Marche che resistono arrivano al capolinea.  Sono i fatti che prevalgono sugli slogan: povertà in forte crescita, sistema produttivo e terziario in difficoltà, aumento del lavoro nero e di quello occasionale, quota elevata di sofferenze bancarie. E poi c’è l’Europa matrigna con le sue politiche restrittive. Azzardi una contromossa. Stiamo raccogliendo firme per una legge che cambi radicalmente il fisco in Italia, alleggerendo la pressione sui redditi medio-bassi e le famiglie. Ma anche gli imprenditori dovrebbero fare di più. Contraddice Bucciarelli che sostiene la condivisione di questo lungo percorso di passione Correggo il tiro. Proceda pure. Ci sono imprenditori, specie piccoli, che hanno lottato contro la crisi e perso il lavoro al pari dei loro dipendenti, altri che vanno avanti facendo onore alla loro vocazione e avendo a mente la loro responsabilità sociale. Però? Non posso dimenticare che molti altri imprenditori, anche prima della crisi, hanno preferito retrocedere dall’impegno industriale o commerciale per  orientare i propri interessi verso la rendita finanziaria, causando danni sociali spesso drammatici. Si mette di traverso? Il leader degli industriali indica la necessità di abbattere la conflittualità, di provare a uscire insieme dalla crisi e cita l’esempio della Germania. Premetto: non cerchiamo il conflitto fine a se stesso, l’imprenditore non è un nemico, la prosperità dell’impresa interessa anche noi. La Cisl è sempre pronta a un confronto serio e finalizzato a promuovere occupazione e sviluppo delle imprese. Il fronte sembra compatto.  Ecco, sembra. Mi chiedo se le imprese siano veramente pronte a dare spazi di partecipazione reale ai lavoratori, come in Germania appunto. Istruzioni per l’uso? Non considerare il sindacato come un interlocutore necessario solo quando l’azienda è in crisi; considerarlo piuttosto un soggetto che può cooperare per lo sviluppo. Più contratti aziendali, ma senza depotenziare quelli nazionali. Sottoscrive la formula-Bucciarelli? Subito. Devono essere rinnovati i contratti nazionali per definire un sistema di relazioni adeguato, garantire il potere di acquisto delle retribuzioni, rafforzare elementi di welfare contrattuale. La Cisl, è cosa  nota, sostiene anche il rafforzamento della contrattazione aziendale e territoriale per accrescere produttività e competitività, far partecipare i lavoratori ai risultati, promuovere l’occupazione. Ma è necessario sciogliere un dubbio. Quale? Insisto: gli imprenditori sono pronti ad aprirsi a un confronto vero? Interrogativo da rispedire al mittente, al presidente Bucciarelli. Bene, in caso di risposta affermativa dobbiamo, Sindacati e Confindustria insieme, chiedere al Governo di ripristinare la tassazione agevolata sulle quote salariali contrattate in azienda. Che altro per farcela? Più coraggio da parte delle imprese, nell’investire su processi, prodotti e nuove competenze. Gli sgravi sulle assunzioni a tempo indeterminato possono aiutare, ma è necessario uno scatto di fiducia nel futuro. L’immancabile post per la nuova Giunta regionale ? Tanto dialogo: la politica non può essere autosufficiente, deve favorire reti e trovare sintesi efficaci in un contesto complesso e incerto. La scaletta delle priorità?  Sviluppo e al lavoro al centro,sempre, anche nella gestione del welfare, nell'uso dei fondi europei, nella organizzazione della macchina pubblica. Intervista Mastrovincenzo, Corriere Adriatico 27/6/15  
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25/06/2015 Mastrovincenzo: "La Cisl pronta al confronto con la nuova Giunta"
Insediata la nuova Giunta  ora si avvia una nuova fase di governo nelle Marche. «I propositi espressi dal Presidente Ceriscioli, nella sua prima dichiarazione programmatica, sono incoraggianti. - dichiara Stefano Mastrovincenzo, segretario generale Cisl Marche -  Apprezzabili i riferimenti al sociale,  alla sanità, al lavoro e allo sviluppo, priorità che avevamo  presentato  tra le richieste sindacali avanzate  al futuro  governo regionale.  Sicuramente  la volontà di un costante coinvolgimento dei soggetti sociali ed economici e dei territori,  nella definizione delle scelte di indirizzo e governo della Regione,  è per noi  di grande stimolo e responsabilizzazione.  - conclude  Mastrovincenzo - La Cisl Marche raccoglie la sfida della partecipazione e si dichiara da subito disponibile ad un costruttivo confronto sui numerosi e seri problemi che le  comunità  marchigiane si trovano ad affrontare.»
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